martedì 23 novembre 2021

Testi dei sarcofagi: formule funerarie, desideri, timori e meriti del defunto.

Senet, gioco da tavolo realizzato per Amenhotep III con cassetto scorrevole separato. Maiolica smaltata, ca. 1390-1353 a.C. (Brooklyn Museum,Charles Edwin Wilbour Fund).


I Testi dei sarcofagi consentivano al defunto di unirsi a “quelli che non muoiono” e permettevano all’anima di rinascere.

Le formule che componevano questi testi sono circa 1.185 e sono una guida per arrivare all’Amenti (Ament o Amentet: terra nascosta, cioè il regno dei morti). Alcune delle formule catalogate sono delle invocazioni alle divinità protettrici dei morti: Osiride, Anubi, Iside e molte altre.

I Testi dei sarcofagi sono formule funerarie prodotte per lo più tra il 2180 – 2055 a.C. (Primo periodo intermedio) e il 2055 – 1650 a.C. (fine del Medio Regno).
Derivano dai più antichi Testi delle piramidi ed erano scritti su sarcofagi lignei; la loro caratteristica innovativa è che esprimono desideri e timori del defunto.

Dopo il Primo periodo intermedio, periodo oscuro per la civiltà egizia, la comparsa dei Testi dei sarcofagi fu un segno di cambiamento: gli Egizi, finalmente, uscivano da un periodo di anarchia politica e religiosa che aveva influenzato religione e riti.

Il passaggio ai Testi dei sarcofagi decretò un’importante trasformazione sociale: ogni egizio che poteva permettersi un sarcofago poteva utilizzare le formule magiche rituali, per accedere alla vita eterna.
Fino a quel momento, il loro impiego era stato concesso solo al faraone che le faceva riprodurre sulle pareti all’interno della piramide. I Testi dei sarcofagi, evolvendosi, condurranno alla realizzazione del Libro dei morti

Nonostante i nuovi principi religiosi che miravano all’uguaglianza degli uomini di fronte alla divinità, la rinascita non era ancora concessa a tutti: solo a chi poteva permettersi costose spese funerarie.
I Testi dei sarcofagi erano una sorta di manuale che forniva sostegno al defunto, per inoltrarsi nella Duat, ed erano la trascrizione dei Testi delle piramidi.

Per gli Egizi, il sarcofago (neb ankh: possessore di vita) era un oggetto magico ed era assolutamente necessario per lo svolgimento del rito funebre. La sua funzione era quella di proteggere il defunto per l’eternità. Il coperchio era il cielo, il fondo la terra, i lati i quattro punti cardinali.

Il defunto era deposto nel sarcofago con la testa posta a nord; il volto girato verso oriente, dalla parte dove sorgeva il sole. All’altezza degli occhi erano dipinti due udjat (Occhio di Horus) che permettevano al defunto di vedere all’esterno.

Sono giunti a noi alcuni sarcofagi: quello di Khnumhotep. Nel suo caso, i testi chiedevano offerte funerarie al defunto e la protezione divina; quello di Mereru, in cui sono presenti magnifici geroglifici azzurri eseguiti con grande meticolosità; quello di Iger, completamente decorato e rivestito di iscrizioni di colore nero in ieratico (forma di scrittura dell’antico Egitto usata nel quotidiano).

Nel caso i rituali magici non funzionassero, i Testi dei sarcofagi più ricorrenti iniziarono a citare i meriti del defunto: una vita ben spesa sembrò essere una garanzia maggiore di accedere alla vita eterna. Inoltre, nei testi il defunto comunica anche la sua speranza di essere ricordato da coloro che gli portavano offerte.

A volte, tra le offerte (formula 405) era presente anche il gioco del senet, un gioco da tavolo molto antico, simile al backgammon.
Il senet compare per la prima volta nell’Antico Egitto; ne esistono molti esempi rinvenuti nelle tombe del Medio e Nuovo Regno.
Questo gioco simboleggiava il legame tra la morte (il defunto che gioca) e la vita (avversario vivente).



lunedì 22 novembre 2021

Qual è una delle cose più antiche che gli esseri umani fanno ancora allo stesso modo?

Naturalmente, il sesso è sempre fatto allo stesso modo e allo stesso modo rispetto all'antichità. Al tempo degli antichi romani:



E’ il più ampio testo di illustrazione erotica dell’antichità egizia. E’ contenuto nel papiro 55001, un fragilissimo documento che risale al 1150 prima della nascita di Cristo, quando in Egitto dominava la dinastia di Ramses e quando da noi la cultura era ancora piuttosto arretrata. Tanto per intenderci. Prorrio in quegli anni sarebbe stata in corso la guerra di Troia, mentre in Sicilia sarebbe nata Trapani, probabilmente la più antica città d’Italia.

Gli antichi egizi:



Questo papiro erotico, risulta, fino ad oggi, unico, anche se l’iconografia è ripresa da un gran numero di ceramiche, nelle quali sono riprodotti gli stessi temi.




domenica 21 novembre 2021

Una delle peggiori atrocità causate dall'avidità

Tito e il suo esercito romano di 60.000 soldati invasero Gerusalemme nell'anno 70 d.C. Gli ebrei cercarono di fuggire dalla città ingoiando le monete in loro possesso, per non perderle ed impedire ai romani di portarle via.

Quando le budella del primo ebreo scoppiarono e i romani lo scoprirono, iniziò una carneficina in cui tutti i prigionieri ebrei (centinaia di migliaia) furono sventrati vivi per assicurarsi che non nascondessero i loro tesori nei loro stomaci.

Questo evento, ancora oggi, è una delle atrocità più incredibili della storia umana.


sabato 20 novembre 2021

Da dove deriva la parola "idiota"?

Nell’antica Grecia, in particolare modo ad Atene, cittadini lo si diventava solo dopo una congrua educazione fondata su pane e politica.



I pochissimi che erano disinteressati alla vita pubblica e alla politica erano definiti “idiotes”, ovvero persone prive di abilità professionali.

L’evoluzione non era avvenuta: l’idiozia era ritenuta la condizione naturale alla nascita, che veniva superata solo ricevendo l'educazione da cittadino, conferita dall’attività politica.

Nel mondo romano il termine è diventato ancor più dispregiativo, indicando le persone non educate e ignoranti.


venerdì 19 novembre 2021

Gli spartani si sono mai arresi in una battaglia?

Dopo secoli, l’alone che pervade il guerriero spartano non accenna a diradarsi: valoroso, indomito, coraggioso ed invincibile. Mai avrebbe potuto abbandonare il campo di battaglia se non sopra il suo scudo. La resa infatti rappresentava una macchia indelebile che gli Spartani non potevano nemmeno prendere in considerazione. Eppure, in un singolo caso anche gli Spartani hanno ceduto e si sono arresi al nemico.


Sfacteria, 425 a.C.


Durante la guerra del Peloponneso, in cui Sparta combatte Atene per contrastarne il dominio sempre più crescente, le navi della flotta ateniese, dirette in Sicilia, cercano riparo da una tempesta proprio sulle coste del Peloponneso, dominato dagli Spartani. Demostene di Afidna decide di fermarsi lì, ma gli Spartani non possono restare inermi nel vedere insediarsi i nemici in un loro territorio, perciò le loro navi si avvicinano alla penisola mentre un ridotto numero di soldati sbarca sull’isola che chiude la baia, Sfacteria.

Ma le imbarcazioni Lacedemoni hanno poche triremi che vengono subito neutralizzate: restano circa 400 opliti comandati da Epitada a Sfacteria. Atene non conosce il numero reale del contingente spartano, perciò non attacca.

Ma la situazione è disastrosa e quegli uomini rischiano di morire di fame sull’isola; proprio la possibilità di perdere tutti quei valorosi guerrieri in quella maniera convince Sparta a chiedere una trattativa. Atene, in cambio della garanzia di salvezza di tutti i soldati isolati a Sfacteria, offre condizioni che non possono essere accettate in nessun modo da Sparta.


Passano le settimane ma sull’isola scoppia un incendio che distrugge parte della vegetazione, abbastanza da mostrare la reale consistenza del contingente spartano e favorire l’approdo in relativa sicurezza a Demostene e Cleone. Quest’ultimo sbarca sull’isola e occupa la parte alta di Sfacteria, da dove i suoi arcieri hanno gioco facile nel tiro al bersaglio sui nemici.

I pochi superstiti si rifugiano in un promontorio quasi inaccessibile, da dove i nemici non riescono a stanarli. Ma un comandante messeno attraverso un passaggio così impervio e pericoloso da non essere nemmeno difeso dagli spartani, riesce ad accerchiarli.

Gli opliti spartani gettano le armi e si arrendono: vengono fatti prigionieri e sono condotti ad Atene, dove rimangono come ostaggi fino alla fine della guerra.


giovedì 18 novembre 2021

Quante pietre ha utilizzato Davide per uccidere Golia ?

Davide scelse 5 pietre da un ruscello, ma gli serviva solo 1:




Nelle mani di un esperto, un proiettile o un sasso pesante possono raggiungere velocità fino a 100 mph (160 km/h).

Anche con semplici munizioni, la fionda era/è sorprendentemente efficace. I frombolieri potevano raggiungere velocità di "muso" più elevate rispetto agli arcieri e i loro proiettili soffrivano meno resistenza dell'aria durante il volo rispetto alle frecce, conservando più energia cinetica fino all'impatto.

Un pastore aveva molto tempo per esercitarsi.



A volte combattevano nemici grandi e potenti, quindi per Davide il gigante Golia potrebbe non essere stato così intimidatorio come lo sarebbe stato per noi.


mercoledì 17 novembre 2021

Perché i romani non hanno sviluppato una cattiva reputazione tra i cristiani a differenza degli ebrei considerando che hanno ucciso Gesù?

Perché quando nacque il Cristianesimo non era altro che una delle tante sette ebraiche.

E l'ebraismo, a sua volta, non era che una goccia nell'Oceano ellenistico-romano.

I primi cristiani, peraltro, erano disprezzati sia dagli ebrei (in quanto eretici) che dai Romani (che li disprezzavano in quanto ebrei).

Pochi anni dopo però il Cristianesimo, dopo aver cercato di penetrare più a fondo nell'Ebraismo, cominciò a guardare ai pagani e a evangelizzarli.

Per rendersi però più accettabile ai loro occhi, le colpe (o presunte tali) dei Romani dovevano essere nascoste il più possibile.
Così anche quando si iniziarono a scrivere i vangeli si cercò il più possibile di evitare di inserirvi dettagli anti-romani: i cristiani dovevano d'altra parte figurare come cittadini modello e la loro fede non doveva figurare pericolosa all'autorità imperiale.

Questo a maggior ragione quando iniziarono le prime persecuzioni anti-cristiane (all'inizio rivolte solo a Roma e nelle sue vicinanze) e, soprattutto, dopo la Distruzione del Tempio nel 70 d.C.



In pratica i cristiani non volevano più identificarsi negli ebrei, cercando così di smarcarsi anche da tutti i pregiudizi che i pagani attribuivano loro.

Per questo la colpa dei Romani nell'esecuzione di Gesù fu sempre messa in secondo piano.

A maggior ragione questo avverrà quando, con Costantino, l'impero romano stesso diventerà sempre più cristiano.
In quella situazione gli unici nemici rimasti erano gli ebrei.

Comunque si può dire che non ne sappiamo ancora abbastanza sulla singolarissima situazione politica della Giudea nel 30 d.C., complici sia la scarsità generale di documentazione che la gestione piuttosto "fluida" della stessa autorità imperiale.

Essendo una regione molto particolare, i Romani le concessero una relativa autonomia nelle faccende interne che però era compito del prefetto imperiale applicare più o meno largamente.

Non si sa, in pratica, se la condanna di Pilato fu semplicemente una conferma pro-forma di quanto stabilito dal Sinedrio, o una condanna politica del tutto indipendente, viste anche le motivazioni (ribellione e sedizione).



In pratica, al di là dei significati teologici della morte di Cristo, non sappiamo ancora oggi di cui ricade l'effettiva condanna.