venerdì 19 novembre 2021

Gli spartani si sono mai arresi in una battaglia?

Dopo secoli, l’alone che pervade il guerriero spartano non accenna a diradarsi: valoroso, indomito, coraggioso ed invincibile. Mai avrebbe potuto abbandonare il campo di battaglia se non sopra il suo scudo. La resa infatti rappresentava una macchia indelebile che gli Spartani non potevano nemmeno prendere in considerazione. Eppure, in un singolo caso anche gli Spartani hanno ceduto e si sono arresi al nemico.


Sfacteria, 425 a.C.


Durante la guerra del Peloponneso, in cui Sparta combatte Atene per contrastarne il dominio sempre più crescente, le navi della flotta ateniese, dirette in Sicilia, cercano riparo da una tempesta proprio sulle coste del Peloponneso, dominato dagli Spartani. Demostene di Afidna decide di fermarsi lì, ma gli Spartani non possono restare inermi nel vedere insediarsi i nemici in un loro territorio, perciò le loro navi si avvicinano alla penisola mentre un ridotto numero di soldati sbarca sull’isola che chiude la baia, Sfacteria.

Ma le imbarcazioni Lacedemoni hanno poche triremi che vengono subito neutralizzate: restano circa 400 opliti comandati da Epitada a Sfacteria. Atene non conosce il numero reale del contingente spartano, perciò non attacca.

Ma la situazione è disastrosa e quegli uomini rischiano di morire di fame sull’isola; proprio la possibilità di perdere tutti quei valorosi guerrieri in quella maniera convince Sparta a chiedere una trattativa. Atene, in cambio della garanzia di salvezza di tutti i soldati isolati a Sfacteria, offre condizioni che non possono essere accettate in nessun modo da Sparta.


Passano le settimane ma sull’isola scoppia un incendio che distrugge parte della vegetazione, abbastanza da mostrare la reale consistenza del contingente spartano e favorire l’approdo in relativa sicurezza a Demostene e Cleone. Quest’ultimo sbarca sull’isola e occupa la parte alta di Sfacteria, da dove i suoi arcieri hanno gioco facile nel tiro al bersaglio sui nemici.

I pochi superstiti si rifugiano in un promontorio quasi inaccessibile, da dove i nemici non riescono a stanarli. Ma un comandante messeno attraverso un passaggio così impervio e pericoloso da non essere nemmeno difeso dagli spartani, riesce ad accerchiarli.

Gli opliti spartani gettano le armi e si arrendono: vengono fatti prigionieri e sono condotti ad Atene, dove rimangono come ostaggi fino alla fine della guerra.


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