Nel 146 a.C, con la vittoria
nell'ultima guerra punica, Roma pose piede in Africa.

Territori Romani dopo
la III guerra punica.
In seguito questi domini si ampliarono
con la conquista della Numidia (46 a.C), Mauretania (40 d.C..) ed
Egitto (30 a.C,). Giunti in Africa, i Romani iniziano a mandare
spedizioni oltre il proprio territorio, per esplorare, con il fine di
elaborare mappe sui territori che confinavano con l'impero Romano,
così da sapere cosa aspettarsi dalle popolazioni barbare di oltre
limes, nonché per preparare mappe per eventuali future
spedizioni di conquista. Queste esplorazioni furono attuate in
concomitanza con la creazione del limes romano nell'Africa
settentrionale.

Cavaliere Numidico.

Mappa dell'Africa
romana.

Ipotetica navigazione
del fenicio Annone in Africa.
Si ipotizza che i Romani avessero una
certa conoscenza della costa africana atlantica, almeno sino
all'altezza dell'attuale Sahara e-spagnolo, per la navigazione dei
fenici e cartaginesi in dette aree, oltre le colonne d'Ercole.

Mappa delle
spedizione,a noi note, dei romani, al di là dei propri territori.
In seguito, infatti, al consolidamento
del potere romano nell'Africa mediterranea, tra il 146 a.C. ed il 42
d,C,, iniziarono gli attriti con la bellicosa tribù nomade dei
Garamanti che viveva nell'attuale regione del Fezzan, la vasta area
del deserto del Sahara, appartenente all'attuale Libia. I Garamanti
vivevano di commercio e razzie ed erano intermediari tra la regione
Subsahariana (attuali stati del Niger, Ciad, Sudan, Mali,
Burkina-Faso e Benin) e le città e porti della costa nord Africana,
in mano a greci (Cirenaica) e Cartaginesi, a cui subentrò Roma, dopo
la vittoriosa conclusione della III guerra punica.

Guerrieri del popolo
dei Garamanti.

Garamanti.
Siccome il dazio che questi nomadi
imponevano sulle merci in transito era sempre più gravoso, i
commercianti italici chiesero ed ottennero una sorta di “spedizione
punitiva” contro i
Garamanti
che li liberassero definitivamente
dalle gabelle imposte. Garama era la capitale del regno dei Garamanti
e corrisponde all'odierna città di Germa famosa sia ai Greci che ai
Romani per le cronache degli storici Erodoto, Plinio il Vecchio,
Seneca e Tacito... Scopo della spedizione romana era la conquista di
questa città, l'eliminazione dei tributi dovuti ai nomadi del
Sahara, nonché la possibile conquista delle piste carovaniere
medesime da parte dei Romani.
Queste spedizioni portarono i Romani al
di là del Sahara in quelle terre che le carte geografiche
rinascimentali riporteranno con la famosa dicitura
"Hic sunt leones".
Le origini della più antica rotta
carovaniera del Sahara furono scoperte dall'archeologo francese Herni
Lhote, che, tra il 1935 ed il 1950, studiò a fondo le pitture
rupestri neolitiche della regione compresa tra la Libia meridionale,
l'Algeria meridionale, il Niger settentrionale ed il Ciad
settentrionale. Tale rotta era quella che attraversava le regioni
storicamente abitate dai Garamanti e, a meridione di questi, dai
"Trogloditi" (probabilmente gli attuali Tuaregh). Lhote
scoprì un graffito vicino ai pozzi di Arlit, nell'attuale Niger,
(cittadina oggigiorno nota per le sue miniere di uranio, tra le più
produttive al mondo) tra l'Hoggar ed Essouk, l'antico centro berbero
di Tademekka nel Sahara meridionale, che evidenziava un carro di
tipica foggia cretese in uso ai Garamanti, confermata da un
ritrovamento analogo vicino ai pozzi di Ti-m-Missao sull'antica pista
tra l'Hoggar e l'Adrar degli Ifoghasin Mali.
Queste scoperte confermarono
definitivamente il ritrovamento della più antica rotta carovaniera
del Sahara, che lo attraversava completamente dalla costa libica
della Sirte fino al fiume Niger, databile almeno al primo millennio
avanti Cristo, parecchi secoli precedente ai primi insediamenti dei
berberi libici conosciuti. Successivamente (1955), monete romane e
ceramica italica vennero rinvenute sino in Costa d'Avorio
Le ricerche di Lhote accertarono che
i legionari romani seguirono l'antica pista carovaniera attraverso il
Sahara fino al fiume Niger. Considerati i tempi, l'impresa ha
dell'eccezionale, in quanto non era nota ai Romani la reale
estensione del Sahara, per cui non era facilmente preventivabile il
quantitativo d'acqua da immagazzinare alla partenza. Inoltre, essi
avrebbero dovuto avvalersi di guide locali, forse Garamanti
rinnegati, al fine di non perder l'orientamento. In ultimo,
l'equipaggiamento di ogni singolo milite – con ogni probabilità –
esulava dalla classica armatura in metallo lorica e dall'elmo in
metallo, allo scopo di meglio tollerare il caldo torrido di quelle
latitudini, così come lo zaino era quasi del tutto inutile, visto
che non è affatto agevole costruire campi fortificati tra le dune di
sabbia. C'è da considerare anche il fatto che il Niger ha il
percorso più strano tra i grandi fiumi, una forma a boomerang, che
per secoli è stato un enigma per i geografi. I Romani pensavano che
il Niger fosse parte del fiume Nilo
La prima spedizione Romana a sud del
Sahara a noi nota fu quella del console suffetto Lucio Cornelio
Balbo che con 10.000 uomini, partito da Sabratha, sulla costa
mediterranea dell'attuale Libia, condusse un esercito di una decina
di migliaia di uomini per 1.600 km nel profondo del deserto del
Sahara, uno dei luoghi più caldi del pianeta, raggiungendo prima
l'oasi di Cydamus (oggi Gadames) – ove lasciarono un presidio
militare - dopo una marcia di circa 550 km, piegando poi ad
angolo retto verso sud per altri 650-700 km attraverso l'Hamada el
-Hamra, ed infine riuscendo ad occupare i più importanti centri
della regione, come Debris (oggigiorno Adri) e Baracum (attuale Al
Biraq) nello Wadi Shati e Tabidium (Awbari), e la capitale dei
Garamanti, Garama. Quindi cadde il centro berbero di Rapsa, l'attuale
Ghat, a soli 80 km a nord di Djanet, il centro dell'attuale Algeria
non distante dal confine libico, che venne investito dopo solo un
paio di giorni.
In seguito, l'esercito romano si spinse
a sud dell'oasi di Bistra nel Sahara meridionale algerino (Tassili).
Secondo Plinio, la Legio III Augusta, al comando di Cornelio Balbo,
scese verso sud, passando per Alasi (Abalessa nell'Hoggar) e Balsa
(Illesy), sino a toccare diversi fiumi, tra i quali il fiume
Dasibari. Secondo Lhote, il legato romano avrebbe potuto percorrere
l'antica "strada dei carri", l'antica carovaniera che
correva lungo la sponda orientale del Bahr Attala, il "Mare di
Atlantide", citato anche in un libro della Bibbia. Lungo quella
strada sono frequenti le raffigurazioni dei carri dei Garamanti.
I Romani passarono per la regione
odierna di Tamanrasset per costeggiare l'attuale confine tra Algeria
e Niger. L'unico resto fossile di un grande fiume (probabilmente
ancora ricco d'acqua al tempo della spedizione romana) è quello che
scorreva poco distante dalla città di Tilemsi, non distante da Gao,
nell'Adrar degli Ifoghasal termine della pista del Tanezrouft,
nell'attuale Mali. I Songhai, una popolazione locale, chiamavano –
e tuttora chiamano – "Isabari" ("Grande Fiume")
il fiume Niger, che consideravano alla stregua d'una vera e propria
divinità, e, secondo antiche leggende i padroni ne erano i "Da".
Con ogni probabilità, i Romani storpiarono la parola locale "Da
Isa Bari" ("Padroni del Grande Fiume") in "Dasibari",
che foneticamente risulta quasi del tutto sovrapponibile
all'accezione originale.
La spedizione di Cornelio Balbo nel 19
a.C. aveva raggiunto il fiume Niger nella sua grande ansa
nell'attuale Mali, tra le odierne città di Gao e Timbuctù,
attraversando l'intero Sahara sull'antica pista carovaniera aperta
mille anni prima. Essa partiva dal Golfo della Sirte nella Libia
mediterranea, passava per l'oasi di Ghadames ed entrava nel Sahara
centrale fino all'oasi d'Ilesy proseguiva attraverso l'Hoggar per il
centro di Abalessa, da dove attraversava il Tanezrouft verso l'Adrar
des Iforhas, ai margini del quale vi era il centro carovaniero d
Tabemekka, e infine giungeva sul Niger a Gao. Con ogni probabilità,
lungo questa pista – in senso opposto – giungevano a Roma avoro,
oro, diamanti, lapislazzuli ed animali esotici. Balbo ed i suoi
legionari poi riuscirono a ritornare a Roma ed ottennero il trionfo.
Con questa sua spedizione Balbo, sottomise la Cirenaica, Fezzan,
Algeria centrale e meridionale e portò per la prima volta i Romani
oltre il deserto del Sahara.
Spedizioni Nubiane d'Augusto
Nel 30 a.C. Augusto istituì la
provincia romana dell'Egitto (titolo ufficiale latino:
Alexandreae et Aegyptus), a
seguito alla conquista del paese e della morte di Cleopatra e
Cesarione. L'Egitto divenne parte dell'impero romano, in qualità di
provincia imperiale (fu anzi la prima provincia imperiale
propriamente detta) governata da un prefetto scelto dall'Imperatore
nell'ordine equestre: il praefectus Alexandriae et Aegypti. Il
principale interesse romano per l'Egitto era costituito
dall'approvigionamento di grano per l'Urbe.nEL 29 A.c. IL primo
prefetto d'Egitto
Cornelio Gallo,
dovette reprimere un'insurrezione
nel sud della provincia e condurre un esercito a sud per stabilire un
protettorato (una sorta di “zona cuscinetto”), sulle terre
comprese tra la prima e la seconda cataratta del Nilo. Nella parte
settentrionale della
Nubia
(la regione del
Triakontaschoinos, che si
estendeva per 300 km a sud di File) fu quindi posto un
tyrannus
quale "sovrano cliente"
dei Romani.

La provincia romana
d'Egitto.
Contemporaneamente alla partenza di
Elio Gallo ( 24 d.C.) per l'Arabia, i kushiti del nord dell'attuale
Sudan attaccarono la provincia egiziana, in particolare le
città/forti di Siene ( oggi Aswan ), Elefantina e File e
determinando la nomina di un nuovo prefetto d'Egitto, un certo Gaio
Petronio. Quest'ultimo con le forze rimaste a difesa della provincia
(altri 10 000 armati), fu costretto ad intervenire, riuscendo a
battere un esercito di 30 000 Kushiti e costringendoli a ritirarsi a
sud di Pselchis(la moderna Dakka).
Non contento però di aver fatto
numerosi prigionieri due anni prima e di aver occupato la città di
Pselchis, decise di compiere una campagna nel paese dei Kushiti. Egli
occupò per prima cosa la città di Qasr Ibrim, e poi decise di
spingersi ancora più a sud fino a Napata (a 600 km da Qasr Ibrim,
all'altezza circa della IV cataratta), una delle loro due capitali,
distruggendola completamente e rendendo schiavi i suoi abitanti. Al
contrario la seconda capitale, Meroe riuscì invece a salvarsi
dall'assedio romano.

Meroiti del I secolo.
Di queste due ultime campagne ne parla
lo stesso Augusto nelle sue
Res Gestae:
(LA)
«26. [...] Meo iussu et auspicio
ducti sunt duo exercitus eodem fere tempore in Aethiopiam et in
Ar[a]biam, quae appel[latur] Eudaemon, maximaeque hostium gentis
utriusque copiae caesae sunt in acie et complura oppida capta. In
Aethiopiam usque ad oppidum Nabata perventumest, cui proxima est
Meroe. In Arabiam usque in fines Sabaeorum processit exercitus ad
oppidum Mariba.»
(IT)
«26. [...] Per mio comando e sotto
i miei auspici due eserciti furono condotti, all'incirca nel medesimo
tempo, in Etiopia e nell'Arabia Felice., e grandissime schiere
nemiche di entrambe le popolazioni furono uccise in battaglia e
conquistate parecchie città. In Etiopia arrivò fino alla città di
Napata, di cui è vicinissima Meroe. In Arabia l'esercito avanzò fin
nel territorio dei Sabei, raggiungendo la città di Mariba.» 22 a.C.
In seguito ad un nuovo attacco da parte
dei Kushiti della regina Candace, il prefetto d'Egitto Petronio fu
costretto nuovamente a condurre le proprie armate nel sud del paese.
Anche questa volte le forze dei Kushiti furono battute e respinte. La
nuova spedizione romana si risolse con un sostanziale successo: i
Kushiti furono sufficientemente scoraggiati dal compiere nuove
incursioni nella vicina provincia d'Egitto, mentre la regina Candace,
costretta da Petronio al pagamento di pesanti tributi, ottenne dallo
stesso Augusto, un trattato di pace ed amicizia. Frattanto Petronio
lasciava a guardia dei confini meridionali un'unità ausiliaria di
500 armati nella fortezza collinare di Primis (Qasr Ibrim) a circa
200 km a sud di Siene.
La
spedizione romana alle sorgenti
del Nilo
fu promossa da Nerone per scoprire
da dove avesse origine il grande fiume africano.
Fu condotta tra il 62 ed il 67 d.C. da
un piccolo gruppo di soldati romani, tra cui due centurioni, che
risalirono il Nilo verso l'Africa equatoriale. È parte di un insieme
di spedizioni, condotte tra il 19 a.C.. e l'86 d.C.., volte
all'esplorazione e all'acquisizione del controllo delle vie
carovaniere attraverso il Sahara, che garantivano il commercio tra la
costa mediterranea e l'Africa subsahariana;.Nel caso delle spedizioni
alla scoperta delle sorgenti del Nilo, si sommava, pure un vivido
interesse scientifico e geografico di greci e romani, per risolvere
il rebus delle sorgenti di questo fiume, che dava vita a una terra
altrimenti sterile ( l'Egitto ).. La penetrazione romana nell'Africa
subsahariana fu superata solo dall'espansione islamica tra l'VIII e
il XV secolo e poi da quella delle potenze europee nel XIX secolo.
Secondo la maggior parte degli
studiosi, la spedizione ebbe carattere esplorativo.
Intorno al 62 d.C. Seneca scrisse che
Nerone aveva mandato alcuni legionari verso la città di Meroe in
Nubia, al fine di esplorare tutto il Nilo a sud di quella capitale.
Questa spedizione fu voluta dall'imperatore romano per ottenere
informazioni sull'Africa equatoriale sulle sue possibili ricchezze.

Meroiti e cavaliere
dell'Egitto romano.
Un'altra spedizione, registrata da
Plinio il Vecchio nel 67, era probabilmente finalizzata a raccogliere
informazioni per un'eventuale conquista da parte di Nerone di quello
che oggi è il Sudan. Comunque, secondo la maggior parte degli
studiosi, vi è la concreta possibilità che le due spedizioni siano
in realtà state la stessa.Questa spedizione fu la prima nella Storia
a partire dall'Europa verso l'Africa equatoriale. Probabilmente durò
diversi mesi, oltrepassando prima le paludi sudanesi, chiamate Sudd
durante la stagione secca e poi raggiungendo la zona del nord Uganda.
Sia Seneca, sia Plinio accennano, nelle
loro opere, a spedizioni inviate da Nerone in Etiopia, nome col quale
i romani identificavano tutte le terre a meridione dell'Egitto sul
corso del Nilo. Seneca, in particolare, parla di una missione
esplorativa volta a raggiungere la sorgente del fiume.
Nelle
Natuarales quaestiones
(del 65 d.C. circa), Seneca dedica un
trattato alla descrizione del corso e delle variazioni di portata del
Nilo, il
De Nili incremento, nel
quarto libro.
È tuttavia nel trattato sui terremoti,
De Terrae Motu, presente
nel sesto libro, che accenna a una spedizione che Nerone avrebbe
inviato nel 61 d.C. per esplorare la sorgente del Nilo (ad
investigandum caput Nili). Seneca riporta la testimonianza di due
centurioni che parteciparono alla spedizione, che raggiunse una zona
con vaste paludi a tratti impenetrabili, percorsa da un fiume di
dimensioni considerevoli, da loro identificato con il Nilo, che
sgorgava tra le rocce.
A Seneca non sembra interessare se la
spedizione abbia identificato o meno la vera sorgente del fiume, ma
utilizza la testimonianza resa dai due soldati solo a conferma
dell'esistenza delle acque sotterranee, che sta presentando come una
delle possibili cause dei terremoti. Afferma infatti che il fiume
descritto non possa che sgorgare da un enorme lago sotterraneo.
Seneca fornisce inoltre un secondo
dettaglio: la spedizione ricevette aiuto da un re di Etiopia e,
attraverso di lui, dai re dei paesi vicini (cum a rege Aethiopiae
instructi auxilio commendatique proximis regibus penetrassent ad
ulteriorem).
In un articolo del 1996 pubblicato sul
mensile Nigrizia, Giovanni Vantini, studioso appartenente all'ordine
dei padri comboniani, ha identificato in Meroe la città in cui i
romani incontrarono il re di Etiopia e la descrizione della palude
resa dai centurioni come un chiaro riferimento al lago No, formato
dalla confluenza del Bahr el Hhazal con il Nilo bianco.
Per Vantini inoltre non sarebbe da
escludersi che la spedizione sia arrivata anche in territorio
ugandese, interpretando come un riferimento alle cascate Murchison,
note in passato come Kabalega, il seguente passaggio riportato da
Seneca "Abbiamo visto due rocce, dalle quali la forza del fiume
fuoriusciva con potenza" (Ibi, inquit, vidimus duas petras,
ex quibus ingens vis fluminis excidebat).
Le cascate, con un salto di circa 50
metri, si trovano in prossimità del lago Alberto e sono formate da
un ramo del Nilo bianco emissario del lago Vittoria.
Plinio il Vecchio
Dopo alcuni anni, nel 70 d.C.Plinio il
Vecchio scrisse di una spedizione di Nerone in vista di una guerra di
conquista in Etiopia,richiamando una precedente spedizione inviata da
Publio Petronio, prefetto dell'Egitto, durante il regno di Augusto,
volta alla conquista della città di Meroe (a 200 km a nord
dell'odierna Khartum. Plinio descrive con relativa accuratezza il
percorso della spedizione, gli antefatti, le città espugnate e le
distanza percorse, permettendo di confrontare la spedizione neroniana
con quella augustea. In particolare, alcune informazioni fornite da
Seneca trovano conferma nell'opera di Plinio.
Viaggio successivo di Diogene
Il resoconto della spedizione era
sicuramente noto ai mercanti greci e romani che risiedevano in
Egitto, tant'è che Diogene, un mercante greco-romano vissuto tra il
70 e il 130 d.C., di ritorno da uno dei suoi viaggi, veleggiò lungo
il
Sinus Arabicus
(il Mar Rosso) e, dopo avere
toccato Adulis e Rhapta, marciò nell'interno del continente,, fino a
due grandi laghi dietro i quali si ergevano le montagne innevate da
dove pensò nascesse il Nilo. Egli chiamò rispettivamente "Monti
della Luna" le vette innevate dei monti Meru e del Kilimangiaro,
"Laghi della Luna" il lago Vittoria, il lago Eyasi ed il
lago Natron..Chiamò poi "Altipiani della Luna" i territori
corrispondenti all'attuale parco nazionale del Serengeti.

Rotte commerciali in
epoca imperiale.
Anche Marino di Tiro raccontò la
storia del viaggio di Diogene, così come Claudio Tolomeo, il quale
attestò che al centro del continente africano vi erano sicuramente
quei grandi laghi alimentati dalle "Montagne della Luna"
dai quali usciva il Nilo.
La Geographia di Tolomeo fu tradotta in
latino una prima volta in epoca umanistica da Iacopo d'Angelo da
Scarperia.

Corso del Nilo.

Mappa medievale
realizzata sulla base della descrizione di Tolomeo del Nilo. I laghi
e le montagne visti sul fondo erano molto probabilmente influenzati
dal racconto di Diogene.
I romani sapevano dell'Africa
sud-orientale, che chiamavano Azania. I porti lungo la costa
dell'Africa orientale facevano parte di una complessa rete
commerciale attraverso l'Oceano Indiano a cui partecipavano i romani.
Ma mentre i romani nelle postazioni commerciali sulla costa del Mar
Rosso egiziano devono aver saputo che le merci che stavano ricevendo
stavano arrivando dall'Azania, rimane la domanda se qualche romano
fosse effettivamente arrivato nei luoghi da cui provenivano
originariamente.
Tolomeo descrive la testimonianza di un
mercante nel commercio nell'Oceano Indiano di nome Diogene che nel
100 d.C. circa naufragò e dopo 25 giorni in mare si trovò in una
città commerciale chiamata Rhapta. Secondo il suo resoconto, Rhapta
era caratterizzata da un fiume che entrava nell'Oceano Indiano e da
un'isola dall'altra parte della costa che formava uno stretto. Sembra
un po' come l'attuale Zanzibar in Tanzania, ma potrebbe essere anche
l'isola di Pemba (a nord di Zanzibar) o l'isola di Mafia (a sud di
Zanzibar). In entrambi i casi, se il racconto di Diogene è vero,
allora ci fu un uomo romano/greco che mise piede nell'attuale
Tanzania.
Ma la storia di Diogene non finisce
qui. Diogene in realtà si avventurò nell'entroterra, attraversando
una serie di montagne che gli indigeni chiamavano le "Montagne
della Luna" perché le loro cime innevate si stagliavano sullo
sfondo della lussureggiante vegetazione della giungla africana.
Ancora più importante, c'era acqua che usciva da queste montagne in
grandi pozze d'acqua - Diogene era convinto di aver trovato la fonte
del Nilo. Ora Diogene potrebbe realisticamente essersi imbattuto in
diverse catene montuose nell'Africa orientale - ma la presenza sia
delle montagne che di una pozza d'acqua (ovvero un lago) ha una
sorprendente somiglianza con le montagne Ruwenzori e il lago
Vittoria, che in effetti sono la fonte del Nilo - ciò significa che
Diogene avrebbe potuto identificare correttamente la fonte del Nilo
quasi due millenni prima che questo fosse fatto per la prima volta
nella storia dagli inglesi nel 1854.
La spedizione di Valerio Festo al
fiume Niger:
Nel 70 d.C., il legato della III
Legione Augusta Valerio Festo
aprì un'altra strada verso il
territorio dei Garamanti. Sostanzialmente, egli ed il suo séguito
ripercorsero la via di Cornelio Balbo. Festo si spinse nel profondo
Sud del Sahara, giungendo al fiume Niger da un'altra direzione.
Questa antica via doveva essere nota alle guarnigioni romane
insediate a Ghadames in Libia.
Plinio il Vecchio elencando i luoghi
della spedizione di Festo, cita le medesime località dell'Algeria
meridionale toccate da Cornelio Balbo, Alasi, l'antica Abalessa
dell'Hoggar e cita anche Balsa, trascrizione del nome in lingua
Tamachek (Tuareg) di Ilezy. Poi, però, non attesta i fiumi
incontrati da Cornelio Balbo, il che fa supporre che Valerio Festo
abbia deviato dal percorso del suo predecessore.
La pista alternativa passa più a sud.
Dalla regione algerina di Tamanrasset, con ogni probabilità, i
Romani piegarono lungo il Tassili per entrare nell'odierno Niger sul
Plateau Djiadò, nel deserto del Tenerè. Si diressero al Massiccio
dell'Air, passando per l'attuale Arlit fino all'attuale Agadez,
costeggiando la piana di Gadoufaoua, che recentemente s'è rivelata
ricca di resti fossili di dinosauroDi qui, proseguirono in linea
retta per entrare in Mali, dove incontrarono il "Fiume Girin",
che altro non sarebbe se non il "Dasibari" di Cornelio
Balbo. L'ipotesi più accreditata vede il nome del fiume derivare
dalla frase Tuareg "Gber - n - igheren", "Il fiume dei
fiumi", abbreviato in "Ngher", un nome locale
utilizzato lungo il medio corso nei pressi di Tombouctou. Vale la
pena ricordare che la Tavola Peutingeriana registra un Flumem Girin
("Fiume Girin") con l'annotazione "Hoc Flumen quidam
Grin vocant, alii Nilum ricorrente; dicitur enim sub terra Etyopium
in Nylum ire Lacum", ovvero: "Questo fiume da alcuni
chiamato Grin è da altri chiamato Nilo, si dice infatti che scorra
da sotto la terra degli Etiopi [vale a dire gli Africani] nel Lago
Nilo".
Il lago Ciad è un lago interno al
continente africano, residuo di un lago fossile assai più vasto che,
12000 - 10000 anni or sono, copriva gran parte dei territori degli
attuali Ciad e Niger, arrivando a nord fino al massiccio del tassili
algerino, ad est fino al Bahr el Ghazal nel Sudan ad ovest fino
all'arco del fiume Niger ed a sud fino alla Repubblica Centrafricana.
Il lago, che tra il 1963 ed il 2001 si è ridotto del 90 per cento in
termini di superficie, passando da 25.000 a meno di 1.500 kilometri
quadrati, è compreso tra Ciad, Niger, Canmerun e Nigeria.. Altri
quattro paesi, Repubblica Centrafricana, Algeria, Sudan e Libia,
condividono il bacino idrologico del lago e sono perciò legati alla
sua sorte.
Svetonio Paolino,
governatore della Mauretania,
(Algeria moderna e Marocco), nel 41 d.C., una delle cui principali
preoccupazioni era quella di eliminare i gruppi ribelli che si
nascondevano tra le montagne dell'Atlante. Presumibilmente la
curiosità ebbe la meglio su di lui in una delle sue campagne, perché
nel 41 d.C. decise di portare i suoi legionari in cima e vedere cosa
c'era dall'altra parte.
Dopo essere salito su un picco coperto
di ghiaccio, per Paolino la vista di un vasto deserto che si stendeva
all'orizzonte non fu abbastanza per diminuire il suo appetito per
l'esplorazione - e procedette a percorrere le sabbie del Sahara con i
suoi legionari. Ora non è chiaro dove siano finiti esattamente
Paolino e i suoi uomini. Secondo Plinio il Vecchio, Paolino
attraversò "deserti coperti di polvere nera occasionalmente
spezzati da proiezioni di roccia che sembravano essere stati
bruciati" prima di raggiungere "foreste - che pullulano di
elefanti, animali selvaggi e tutti i tipi di serpenti". Ora
quest'ultimo potrebbe essere il Senegal
o il Mali, ma in entrambi i casi
sembra molto probabile che Paolino abbia effettivamente attraversato
il Sahara, date le caratteristiche inconfondibili dell'Africa
occidentale che sono descritte e suoi uomini probabilmente
raggiunsero le rive del fiume Senegal.
Monete romane e ceramiche latine sono
state trovate in Mali, ma questo potrebbe anche essere il risultato
di uno scambio culturale - le monete con la faccia di Traiano sono
state trovate in Congo, ma è plausibile che nessun romano abbia mai
messo piede lì.
Al tempo delle spedizioni romane del I
secolo d.C., il lago si stimava avesse una superficie ben più vasta
di quella attestata negli anni 1960. Per quanto attiene, invece, il
deserto libico, attraversato dai Romani per giungere al lago Ciad,
esso costituisce uno dei luoghi più aridi e desolati del pianeta.
Non per niente il nome "Sahara" deriva dall'arabo "Sah'rà",
che significa "spazio vuoto". Ci informa Toloneo,,
rifacendosi nuovamente a Marino di Tiro, che attorno al 50 d.C.
Settimio Flacco,
per punire le popolazioni nomadi
dell'interno, che avevano razziato i territori romani della Sirte,
era partito dalle coste libiche (probabilmente da Leptis Magna) per
recarsi nelle terre dei Garamanti da dove raggiunse in tre mesi "la
terra degli Etiopi" che "vivevano sulle rive del lago degli
ippopotami".
La spedizione di Flacco potrebbe aver
preso la direzione occidentale in direzione di Sebha per giungere a
Tmassah Varcato il Tibesti (Tolomeo attesta che ".... il paese
di Agisymba, laddove si radunano rinoceronti, gazzelle ed antilopi, è
sottomesso al regno dei Garamanti ed è separato da esso da
un'elevata catena montuosa"), sarebbe quindi passato per le
odierne Aozou e Bardai, per giungere fino a Faya Largeau. Da qui
avrebbe in seguito piegato verso la depressione del Bidelè e –
dirigendosi ad ovest – avrebbe incontrato prima il lago Ciad e,
successivamente i fiumi in cui trovarono ippopotami e coccodrilli e
sulle cui rive pascolavano rinoceronti, elefanti, giraffe, zebre,
struzzi, antilopi e gazzelle (fiume Bahr Ergigh), fiume Chari e fiume
Logone.
Sempre in questi luoghi si ha la
spedizione di
Giulio Materno, attorno al 90
d.C.
con l'intento di penetrare nel
favoloso regno dei Pigmei, raggiungono il "Paese dei
rinoceronti", come lo descrive il cartografo Claudio Tolomeo,
arrivando a stanziare una
guarnigione sul "Lago degli ippoppotami",
a tre/quattro mesi di cammino
(1.500-2.000 km) in direzione sud rispetto al massiccio del Tibesti,
al confine tra Libia e Ciad.
Sappiamo dalla stessa fonte che Giulio
Materno era partito da Leptis Magna per Garama, dove si era unito al
re dei Garamanti per raggiungere "dopo quattro mesi di viaggio
la regione d iAgysimba, che è popolata da rinoceronti e nella quale
vivevano gli Etiopi". Non si hanno notizie particolareggiate
dell'itinerario seguito dai due generali, ma sembra che da Leptis
Magna si siano prima diretti a Ghadames presso gli alleati Garamanti.
La spedizione di Materno pare che – assieme ai Garamanti – abbia
puntato dritto sull'Oasi di Cufra per entrare nell'Ennedi ciadiano.
Di qui sarebbe scesa a Fada, all'Oasi di Archei, avrebbe attraversato
la piana di Abeché, per raggiungere i fiumi presso i quali erano
stanziati elefanti e leoni (fiumeBahr Salamat e Bahr Aouk, al confine
con l'attuale Repubblica Centrafricana.

Vie carovaniere
dell'Africa occidentale.

Terre africane
esplorate dai romani.

Il commercio marittimo
tra l'impero romano e l'India.

Impero romano, Parthia
e Cina nel II sec. d.C.

Principali basi del
commercio del Mar Eritreo ( Oceano Indiano ).

Rotte commerciali
terrestre e marittime tra Mediterraneo, Africa e Asia.

Mappa dei fondachi
commerciali dei principali agenti nel commercio marittimo con l'Asia.
I Romani non erano un popolo di marinai
e il loro impero non si basava sul commercio ( contrariamente a
Cartagine, per esempio ), sebbene avessero una loro flotta sin
dall'epoca delle guerre puniche, per tanto erano poco propensi a fare
spedizioni navali. Non erano particolarmente interessati a trovare
nuovi mercati ( sebbene non disdegnassero ciò) soprattutto non era
abituati alla navigazione oceanica. Per loro era gia"uno stress"
la navigazione della Bretagna. Per tanto rare e contingenti furono le
spedizioni marittime romane.Ciononostante si sa che i Romani
navigassero fino alle Canarie ( all'epoca dette Isole della Fortuna
), probabilmente avvalendosi delle nozioni geografiche dei popoli a
loro sottomessi ( cartaginesi e numidici ), che già frequentavano
detti mari.
-Giuba II (48 a.C. – 23/24 d.C,) re
vassallo di Roma, effettuò per conto dell'impero romano, nonché per
proprio diletto, l'esplorazione delle Canarie e della Costa a sud del
Marocco.Fu proprio a seguito della sua spedizione, che l'Isola di
Gran Canaria, prese il nome di isola Canaria, poiché sulla sua
spiaggia furono trovati dei grandi cani.Pare che marinai al suo
servizio si siano spinti fino al Golfo di Guinea.
Recentemente si e' scoperto che almeno
una delle isole Canarie fu colonizzata dai romani, che vi istallarono
una fattoria per la produzione della porpora. In uno dei suoi scritti
Plinio il Vecchio menziona la distanza tra le isole di Capo Verde (
"Gorgades )e le isole di San Tomé, Principe e Fernando
Po("Isole delle Signore dell'Ovest").Segno che seppur
sporadicamente navi romane debbono aver navigato dalle Canarie o più
probabilmente dai porti costieri di Sala Colonia ( presso
dell'attuale Rabat ) e di Mogodor (oggi Essouira ), fino al Golfo di
Guinea.
Si sa che mercanti greco-romani
annualmente dai porti egiziani facevano rotta verso l'India
meridionale e Ceylon, e senz'altro facevano scalo in Eritrea, Gibuti
e Somalia del Nord ( anticamente nota come Punt ), e forse anche a
Zinj el-Barr, "la terra dei negri" ( da cui il nome
Zanzibar ), dove sicuramente avevano empori i mercanti sudarabici, in
contatto con i mercanti greco-romani del Mar Rosso. Abbiamo molte
informazioni circa i traffici romani con l'India, grazie al Periplo
del Mar Eritreo ( Oceano Indiano). Il
Periplo del Mar Eritreo
(latino:
Periplus Maris Erythraei, in
greco: Περίπλους τῆς Ἐρυθρὰς Θαλάσσης
Períplous tês Erythràs Thalássēs) è un antico documento,
risalente probabilmente al I secolo, che descrive le rotte di
navigazione sul Mar Rosso e, in parte, l'Oceano Indiano e il Golfo
Perisco. Lo scrittore del Periplo attribuisce ad Ippalo la scoperta
di una rotta diretta che unisce il Mar Rosso all'India attraverso
l'Oceano Indiano, tracciando una cartina dell'oceano e posizionando
correttamente i porti commerciali lungo la costa indiana. Plinio il
Vecchio sostiene invece che Ippalo non fu lo scopritore della rotta
ma del monsone, anche chiamato Hippalus, che spira da sud-ovest. Vari
storici hanno provato a conciliare le due affermazioni sostenendo che
per conoscere i monsoni fosse necessario conoscere la rotta verso
l'India, ma lo storico André Tchernia spiega come la connessione tra
Ippalo e il monsone fosse basata su un detto comune: in età ellenica
il vero nome del vento non era Hippalus, che verrà usato più tardi
dai Romani, ma Hypalus. Questo vento era quindi conosciuto già prima
di Ippalo ed era utilizzato anche dalle popolazioni semitiche del sud
Arabia e dai navigatori indiani che solcavano l'Oceano Indiano.
Per comprendere appieno l'importanza
della scoperta di Ippalo è necessario che prima di lui i geografi
greci pensavano che le coste indiane andavano da ovest ad est. Ippalo
fu forse il primo a riconoscere nelle coste occidentali dell'India un
andamento da nord verso sud.
L'utilizzo della rotta di Ippalo
contribuì notevolmente al prosperare dei commerci tra la provincia
romana d'Egitto e l'India a partire dal I sec.d.C., Da porti sul Mar
Rosso, come quello di Berenice, salpavano grosse imbarcazioni che
giungevano da re dei Tamil l di Pandya, di Chola e di Chera (gli
attuali Kerala e Tamil Nadu).
Secondo Strabone, dal solo porto
egiziano di Myos Hormos, sulla costa del Mar Rosso, in epoca romana,
salpavano per l'india ogni anno fino a 120 vascelli, mentre in epoca
tolemaica solo qualche marinaio particolarmente avventuroso salpava
per l'India.
I quattro principali porti romani
coinvolti nel commercio con l'oriente furono Alessandria,
Arsinoe-Clysma ( Suez ), Berenice e Myos Hormos,.Ben presto Myos
Hormos e Berenice, per la loro posizione privilegiata, eclissarono
gli altri porti.
Questo commercio fu molto prospero fino
all'ascesa della dinastia sassanide, che portò particolare
turbolenza nell'Oriente romano, e decadde definitivamente con la
perdita da parte dell'Impero Romano d'Oriente dell'Egitto e dei suoi
porti, da cui si gestiva il commercio indiano.
Tanto era intenso il commercio con
l'Asia ( Arabia, India e Cina ) che si creò rapidamente un enorme
disavanzo commerciale dell'impero Romano nel commercio asiatico.
Come riporta Plinio, in Plinio,
Historia Naturalis, XII.41.84 "«India, Cina e penisola Araba
chiedono cento milioni di sesterzi dal nostro impero ogni anno: tanto
ci costano i nostri lussi e le donne. Che percentuale delle
importazioni è dedicata ai sacrifici, agli dei o agli spiriti dei
defunti?»
In Asia la penetrazione Romana,
oltre i confini dell'Impero fu molto inferiore, trovandosi sui
confini del mondo Romano, l'ostile regno dei Parti, poi Sassanidi,
che si opponeva a ogni penetrazione, sia pur solo commerciale dei
Romano, verso Oriente,
dato che ciò avrebbe privato la
Persia di una delle sue maggiori fonti d'entrata, quella che gli
veniva dall'essere intermediaria, nella via terrestre che collegava
il mondo del mediterraneo e l'impero in toto, con la Cina e l'India.
Nel 25 a.C. nuovo prefetto d'Egitto,
Elio Gallo, fu inviato da
Augusto attraverso l'Arabia Felix fino al regno di Saba,
con lo scopo di sottomettere i
ricchi territori degli Arabi, prendendo così possesso delle vie di
comunicazione commerciale con il golfo Persico..
Il viaggio si rivelò, però, pieno di
insidie per il mancato aiuto di Silleo, posto a capo degli alleati
Nabatei, il quale non fornendo adeguate informazioni sui territori
esplorati e le strade da percorrere, costrinse i Romani a soffrire
oltremodo fame, sete, stanchezza e numerose malattie.
Gallo commise, inoltre, un primo
errore, preferendo costruire grandi navi (navis longae), sebbene non
fosse in corso alcuna guerra navale, tanto più che gli Arabi
risultavano per nulla abili, sia negli scontri terrestri sia in
quelli marittimi. Erano piuttosto dei commercianti. Ma Gallo non se
ne curò e fece costruire ai suoi uomini ben 80 imbarcazioni, tra
biremi e triremi oltre ad alcune navi più leggere, nei pressi di
Cleopatris, località situata vicino al vecchio canale che collegava
il Nilo. Ma quando si rese conto dell'errore, fece costruire altre
centotrenta navi da carico, sulle quali salpò con circa 10 000 fanti
della guarnigione romana d'Egitto, come pure truppe di alleati
romani, tra cui 500 ebrei (inviati da Eride) e 1 000 Nabatei (inviati
dal re Obodas II).
Dopo un viaggio difficile durato ben 14
giorni di navigazione, giunse sulle coste arabe, nel porto
commerciale di Leuké Koma (Haura) nella terra dei Nabatei, avendo
perduto molte delle sue imbarcazioni insieme al loro equipaggio, a
causa di una navigazione molto difficoltosa, non tanto per colpa di
una flotta nemica che lo ostacolasse. Ciò fu causato dal tradimento
di Silleo, il quale aveva sostenuto non vi fosse altro modo per un
esercito di arrivarvi via terra, sebbene vi fossero, al contrario,
numerose vie carovaniere che conducevano dall'Egitto a Petra in tutta
sicurezza e facilità.

Guerrieri arabi.
Tutto ciò avvenne perché il re dei
Nabatei, Obodas II, non si curava molto degli affari pubblici e,
tanto meno di quelli militari (caratteristica sembra di molti re
arabi, come ci tramanda Strabone, lasciando tutto il potere nelle
mani di Silleo, che risultò l'artefice del tradimento a Gallo. Egli
infatti cercò di esplorare il paese insieme con i Romani, lasciando
che fossero questi ultimi a distruggere per lui città e popolazioni,
per poi affermarsi come unico dominatore sulle nuove genti, dopo aver
tolto di mezzo anche gli stessi Romani, provati da fame, fatica e
malattie, ed escogitando, quindi, contro di loro il tradimento. E
così mentre Gallo si trovava ancora a Leukè Kome, 'l'esercito
romano fu messo a dura prova dallo scorbuto e da una sindrome che
provocava paralisi alla bocca ed alle gambe, disturbi tipici di
questa regione, dovuti ad acqua ed erbe. E così Gallo fu costretto a
fermarsi per l'intera estate ed inverno del 25 a.C.., in attesa di
recuperare i malati.
Nel 24 a.C. colonna romana si rimise
finalmente in marcia,lungo le rotte per l'India attraverso regioni
tali da costringere i Romani a trasportare l'acqua sui cammelli, per
la scarsa conoscenza dei luoghi da parte della guide. Il viaggio durò
ben trenta giorni, ma alla fine furono raggiunti i territori del "re
dei Tamudeni", un certoAreta IIIIparente di Obodas II. Areta
accolse i Romani in modo amichevole offrendo a Gallo numerosi doni.
Il paese successivo che Gallo attraversò, apparteneva a tribù
nomadi ed era totalmente desertico. Si chiamava Ararené ed il suo re
era un certo Sabos. Impiegò ben cinquanta giorni per attraversarlo,
poiché non esistevano strade in quei luoghi. Giunse, quindi, alla
città di Negrani (oasi di Najran), il cui territorio era pacifico e
fertile, ed il cui re era fuggito, lasciando che la città fosse
occupata al primo assalto. Da qui proseguì e raggiunse un fiume dopo
sei giorni,dove gli Arabi attaccarono battaglia con i Romani, ma
lasciarono sul campo ben 10 000 morti, contro due soli Romani, poiché
non avevano armi adeguate e non erano abituati a combattere. Subito
dopo Gallo occupò la città chiamata Asca (la Nasca d Plinio
nell'attuale Omrân), anche questa abbandonata dal suo re. Da qui si
recò in una città chiamata Athrula, che si arrese senza porre
alcuna condizione, dove Gallo pose una sua guarnigione al fine di
predisporre sufficienti forniture di grano. Proseguì nuovamente la
sua marcia, avanzando fino alla città chiamata Marsiaba o Mariaba
(l'attuale Ma'rib nello Yemen), che apparteneva alla tribù dei
Rhammanitae, il cui re era un certo Ilasarus. La città fu assediata
per sei giorni, ma riuscì a resistere, favorita dalla mancanza
d'acqua da parte degli assedianti romani.. Gallo fu così costretto a
fermarsi a soli due giorni di marcia dal paese che produceva spezie,
raggiunto a caro prezzo dopo sei lunghi mesi di marce in territori
inospitali, soprattutto a causa della guide corrotte. Accortosi,
quindi, del complotto di Silleo, decise di riportare la sua armata,
ampiamente decimata, in Egitto. Raggiunse Negrani dopo nove giorni,
dove ebbe luogo una nuova battaglia. Poi raggiunse la località di
Hepta Phreatae, località che possedeva ben sette pozzi. Da qui,
marciando attraverso un paese pacifico, arrivò in un villaggio
chiamato Chaalla, e di nuovo in un altro villaggio chiamato Malotha,
che si trovava vicino a un fiume. Attraversò un paese deserto con
pochi luoghi irrigati, fino ad un villaggio chiamato Egra (o
Egracômé), località posta sul mare, nel territorio di Oboda. Ci
aveva così messo sessanta giorni di tempo tornando, contro i sei
mesi nel recarsi in questi lontani territori. Qui predispose una
nuova flotta e attraversò il Mar Rosso raggiungendo prima
Myhoshormos dopo undici giorni di navigazione e poi Coptos (attuale
Qift), fino a raggiungere Alessandria d'Egitto. Silleo fu, infine,
processato e decapitato. Terminava così l'avventura romana nella
penisola araba,, dopo aver raggiunto lo Yemen,.
Per i commerci con il lontano oriente i
Romani dovettero accontentarsi delle relazioni, intermediate, dei
mercanti greco-romani d'Egitto con l'India e, oppure tramite i
terminali Romani della Mesopotamia e Mar Nero ( il regno del Bosforo,
che fu assoggetato da Roma ).
Durante il regno di Traiano le armate
romane raggiunsero il Golfo persico, assoggettando, il regno di
Characene. Più a nord assoggettarono il Caucaso da ovest ad est,
giungendo al Mar Caspio ( Albania del Caucaso, attuale Azerbaijan) )
e la provincia partica dell'Atropatene, nel cuore dell'Iran..
Più volte i cinesi, mandarono missioni
diplomatiche verso Occidente, perché desideravano stabilire
relazioni dirette con i signori dell'Occidente ( Da Qin ), ma senza
successo..Attorno al 97 d.C. un certo Gan Ying arrivò fino al Mar
Nero, ma fu convinto dai persiani dal desistere dalla missione di
raggiungere Roma Vedasi.
Con l'espansione dell'Impero romano nel
Medio Oriente, durante il II se. a.C.., i romani raggiunsero la
capacità di sviluppare i trasporti marittimi e il commercio
nell'Oceano Indiano. Parecchi Romani probabilmente viaggiarono fino
all'Estremo Oriente con navi romane, indiane o cinesi.
Tramite Marino di Tiro, si sa di un
mercante macedone,
Maues Titianus,
che, approfittando di una pausa
nella guerra tra Trajano e i Parti, riuscì, con un gruppo di
mercanti a viaggiare lungo la Via della Seta, raggiungendo la Torre
di Pietra, Tashkurgan, situata in Pamir. Non si sa nulla di questo
mercante, tranne la breve citazione nella Geografia di Tolomeo,
derivata dalla fonte intermedia di Marino di Tiro"
«Marino dice che un certo macedone di
nome Maen, chiamato anche Titian, figlio di un mercante, e mercante
lui stesso, misurò la lunghezza del suo viaggio [alla Torre di
Pietra], nonostante non raggiunse lui stesso i Sera ( cinesi ) ma vi
mandò altri.»
Nel 120, provenienti dal regno di Burma
( Birmania ), giungono alla corte della dinstia Han acrobati e
circensi che dichiarano di essere greci provenienti da Oltre il mare
occidentale, ma non si sa se ciò corrisponde a verità, o se magari
erano ellenisti originari dell'India o Asia centrale.
La prima ambasciata romana in Cina fu
registrata nel 166 d.C., sessant'anni dopo le spedizioni del generale
Ban Chao. L'ambasciata giunse all'imperatore cinese Huan da parte di
"Antun" (Antonino Pio ), "re di Da Qin " (Roma),
probabilmente Marco Aurelio. Non si sa se l'ambasceria fosse stata
inviata direttamente dall'imperatore, o se magari si trattasse di
scaltri mercanti greco-romani, che si finsero ambasciatori imperiali,
per ricevere un miglior trattamento in Cina. La missione arrivò da
sud, probabilmente seguendo la via marina, ed entrò in Cina alla
frontiera del Jinan (Tonkino ). Portava in dono corni di rinoceronte,
avorio, carapaci di tartarughe, probabilmente acquistati nel sud
dell'Asia. Nello stesso periodo, e forse proprio per mezzo di questa
ambasceria, i Cinesi ottennero un trattato di astronomia dall'Impero
romano.
La Cina era ben conosciuta dai
cartografi romani dell'epoca. Il suo nome e la sua posizione sono
descritti nella Geografia di Tolomeo che è datata c. 150. La Cina
viene situata al di là dell'Aurea Chersonesus ("Penisola
d'oro") e si riferisce alla penisola indocinese ed è descritta
come adiacente al Magnus Sinus ("Mare grande") che
corrisponde all'area allora conosciuta del Mar cinese occidentale,.
Il commercio attraverso l'Oceano Indiano fu molto intenso a partire
dal II secolo e sono stati identificati numerosi porti commerciali
romani, attraverso i quali deve essere passata la missione
diplomatica.
Altre ambasciate romane sono state
mandate dopo questo primo incontro ma non furono registrate fino a
quando apparve una traccia che parlava di regali inviati all'inizio
del III secolo dall'Imperatore romano all'imperatore Cào Rui del
regno di Wei (regnò dal 227 eal 239 nel nord della Cina). I doni
consistevano in articoli di vetro in svariate colorazioni.
L'ambasciata può essere stata inviata da uno dei numerosi imperatori
che si susseguirono nel periodo,Alessandro Severo, Massimino Trace,
Gordiano I, Gordiano II, Pupieno,,Balbino e Gordiano III.
Un'altra ambasciata da Roma è
registrata nell'anno 284. Viene descritta come portatrice di
"tributi" all'Impero cinese. Questa missione deve essere
stata inviata dall'imperatore Marco Aurelio Caro ( 282–283), il cui
breve regno fu occupato dalla guerra con la Persia.
Grazie soprattutto a informazioni avute
da mercanti e viaggiatori dell'Asia centrale e Persia anche i cinesi
avevano una qualche conoscenza della geografia dell'Impero Romano,
almeno sui suoi territori più orientali, - Lo storiografo cinese
Sima Qian (145-86 a.C. circa) nel suo Shiji fornisce descrizioni dei
paesi dell'Asia centrale e dell'Asia occidentale. Il linguista e
storico Edwin G. Pulleyblank spiega che gli storici cinesi
consideravano Daqin una sorta di "contro-Cina" situata
all'estremità opposta del loro mondo conosciuto. Secondo
Pulleyblank, "la concezione cinese di Dà Qín fu confusa fin
dall'inizio con le antiche nozioni mitologiche del lontano ovest".Le
storie cinesi collegavano esplicitamente Daqin e Lijian (anche
"Li-kan", o Siria) come appartenenti allo stesso paese;
secondo Yule, D. D. D. Leslie, e K. H. G. G. Gardiner, le prime
descrizioni di Lijian negli Shiji lo distinguevano come l'Impero
seleucide di epoca ellenistica.Pulleyblank fornisce alcune analisi
linguistiche per contestare la loro proposta, sostenendo che Tiaozhi
(條支) negli Shiji era
molto probabilmente l'Impero seleucide e che Lijian, sebbene ancora
poco compreso, poteva essere identificato sia con Hyrcania in Iran
che con Alessandria d'Egitto. Il Weilüe di Yu Huan (c. 239-265
d.C.), conservato nelle annotazioni ai Registri dei Tre Regni
(pubblicato nel 429 d.C. da Pei Songzhi), fornisce anche dettagli
sulla parte più orientale del mondo romano, compresa la menzione del
Mar Mediterraneo- Per l'Egitto romano, il libro spiega la posizione
di Alessandria, le distanze di viaggio lungo il Nilo e la divisione
tripartita del Delta del Nilo, Heptanomis e Tebaide. Nel suo Zhu Fan
Zhi, l'ispettore doganale dell'era Song-era Quanzhou Zhao Rugua
(1170-1228 d.C.) descrive l'antico Faro di Alessandria. Sia il Libro
degli Han successivi che il Weilüe menzionano il ponte di barche
"volante" (飛橋)
sull'Eufrate a Zeugma, Commagene nell'Anatolia romana. I Weilüe
elencavano anche quelli che consideravano i più importanti stati
vassalli dipendenti dell'Impero Romano, fornendo indicazioni di
viaggio e stime delle distanze tra di loro (in miglia cinesi, li).
Friedrich Hirth (1885) identificò le località e gli stati
dipendenti di Roma denominati nei Weilüe; alcune delle sue
identificazioni sono state contestate. Hirth ha identificato Si-fu
(汜復) come Emesa; John E.
Hill (2004) usa prove linguistiche e situazionali per sostenere che
si trattasse di Petra nel Regno Nabateo, che fu annesso da Roma nel
106 d.C. durante il regno di Traiano.
Una eventuale corrispondenza tra Roma e
l'Impero cinese avrebbe potuto sconvolgere completamente gli
equilibri geopolitici mondiali. Le immense distanze dell'Asia
centrale scongiuravano ogni possibile minaccia militare reciproca tra
le due superpotenze, che, d'altro canto erano accomunate
dall'interesse di eliminare ogni intermediario nella più importante
via commerciale dell'antichità, cioè la Via della seta.
La Persia basava le sue fortune proprio
sulla posizione strategica intermedia lungo le rotte mercantili
euro-asiatiche, comprando le merci orientali dalla Cina e
rivendendole a prezzo maggiorato nell'Impero romano e viceversa.
Grazie ad una abilissima diplomazia riuscì sempre ad attuare una
politica estera molto accorta ed ambigua stringendo alleanze o
dichiarando guerra ai nemici separatamente in modo che fra Oriente ed
Occidente non avvenisse mai un contatto diretto.
I Parti comprendevano che se fosse
avvenuto sarebbero stati tagliati fuori dal gigantesco affare della
seta, venendo meno di conseguenza del flusso di ricchezze essenziale
per la sopravvivenza dello stato persiano perché gli garantiva la
possibilità di creare un esercito in grado di fronteggiate le
invincibili legioni romane e le numerosissime armate cinesi che
incombettero costantemente sui confini fino al IV secolo d.C.
La concreta possibilità ci fu solo
durante il I secolo, quando a Roma governava Traiano e le frontiere
dei rispettivi imperi si erano espanse a tal punto da non rendere più
impossibile un contatto via terra, tra Romani e Cinesi, almeno in
Asia centrale, con i Romani affacciati sulla costa ovest del Caspio e
i cinesi poco oltre a oriente ( Protettorato delle terre
Occidentali").
Per poche miglia i due eserciti non
s'incontrarono, mancando così un'opportunità epocale che non si
ripresenterà più. Solo gli esploratori dei rispettivi eserciti si
scontrarono in combattimenti singoli, in seguito i pochi scout Romani
e Cinesi vennero considerati dispersi dai rispettivi eserciti e
abbandonati, se gli scout fossero ritornati a fare rapporto ci
sarebbero state molte probabilità di un incontro diretto. Di lì a
poco, infatti, con l'avvento di Adriano i Romani si ritirarono lungo
il limes siriano, mentre i Cinesi abbandonarono i loro avamposti
militari in Persia limitandosi da allora a controllare i traffici
fino al Ferghana.
Col senno di poi, considerando gli
avvenimenti che accaddero in seguito, la collaborazione tra Roma e
Xian avrebbe sortito notevoli benefici ad entrambe le potenze,
trovatesi di fronte ad un nemico comune, gli Unni, combattuto
separatamente, e a problemi economici, che di fatto ne causarono la
rovina, almeno per l'impero romano, rimandabile anche ad una drastica
riduzione dei commerci internazionali, dovuta alla cronica
instabilità politica dell'Asia centrale, ovviamente evitabile solo
con la presenza di una solida compagine statale, che una
"spartizione" del continente avrebbe assicurato. Senz'altro
poter creare un contatto stabile tra Roma e Cina, sebbene non si sa
in che maniera, con certezza, avrebbe modificato la storia del mondo.

Carta del mondo antico
nella quale si vedono i due grandi imperi che dominano l'Occidente (
Roma ) e l'Oriente ( la Cina ) e nel mezzo la Parthia.