Dopo la morte di Cesare i suoi
assassini Bruto, Cassio e tutti gli altri congiurati si sentivano al
sicuro, credevano di aver restaurato la Repubblica e di aver
eliminato un tiranno e restituito il controllo della Repubblica ai
Patrizi, credevano di essere i padroni di Roma. In città invece
nessuno gioiva per la morte del "tiranno", il popolo amava
Cesare, e le strade erano deserte, le case avevano le porte e le
finestre sprangate, c'era un'atmosfera cupa e di attesa.
Per mantenere la pace non si accanirono
contro i familiari e i seguaci di Cesare, e parteciparono addirittura
ai funerali di Cesare, l'intera città partecipò ai funerali, i
plebei che amavano Cesare fecero irruzione nelle case dei patrizi,
tirarono fuori tutta la mobilia e la ammassarono nel Foro per
alimentare la pira funebre di Cesare.
Le cose iniziarono ad andare storte per
i congiurati quando Marco Antonio, braccio destro di Cesare pronunciò
l'elogio funebre, esaltando le qualità e le opere di Cesare,
accusando pubblicamente i suoi assassini davanti a tutto il popolo, e
come tocco finale mostrò a tutti la toga di Cesare ricoperta di
sangue e con i buchi delle ventitre pugnalate inflitte da persone che
credeva amiche.
A quel punto la folla esplose in un
boato, ci mancò tanto cosi perché gli assassini di Cesare fossero
linciati sul posto, solo l'intervento di Marco Antonio riuscì a
placare gli animi.
In un attimo gli assassini di Cesare
passarono da fazione vincitrice e auto-proclamati salvatori della
patria a perdenti, Marco Antonio li aveva totalmente in pugno,
sarebbe bastato un suo cenno perchè fossero fatti a pezzi seduta
stante. Ma per il quieto vivere, e per salvare le apparenze concesse
loro l'amnistia e diede loro degli incarichi di facciata, furono
spediti in oriente col pretesto di tutelare gli interessi di Roma in
quelle regioni. In seguito riuscirono ad arruolare delle proprie
legioni e marciarono verso l'Italia con l'intento di riprendere il
controllo di Roma, ma furono raggiunti in Grecia dagli eserciti
riuniti di Marco Antonio e Ottaviano e sconfitti nella battaglia di
Filippi, i capi dei congiurati, Bruto e Cassio si suicidarono dopo la
battaglia, altri caddero combattendo, mentre i pochi sopravvissuti
furono fatti assassinare in seguito da Marco Antonio o da Ottaviano.
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