Io mi ricorderò sempre della frase
che disse Gaio Mario, di ritorno dalla battaglia dei Campi Raudii,
dove aveva sconfitto pesantemente
i Germani. Quando tornò a Roma, i senatori gli chiesero conto del
fatto che lui, non chiedendo il parere del Senato, avesse dato
cittadinanza romana alle truppe alleate italiche.
Mario vincitore dei
Cimbri, olio su tela, Museo Civico di Foggia.
Mario rispose
semplicemente, e con una certa vena
ironica, con una frase che diceva più o meno:
"Il rumore della guerra mi
impedisce di sentire quello delle leggi",
alludendo al fatto che, nella guerra,
non aveva avuto il tempo di verificare se le urla che gli venivano
indirizzate addosso fossero richieste dei suoi uomini, o richieste da
parte di Roma.
Che dire, un uomo pratico e spiccio.
Mario era sempre stato un militare prima che un politico, una
persona che si era guadagnato il grado sul campo. Per lui il segno
di dare la cittadinanza romana a persone che avevano combattuto e
rischiato con lui, era semplicemente un segno di gratitudine,
una sorta di compenso per la loro
lealtà. E non uno sfregio al Senato, anche se bisogna dire che, a
volte, i rapporti tra Gaio Mario e l'istituzione romana furono tesi,
e quindi questo gesto potrebbe essere visto anche come un guanto di
sfida al senato stesso. Personalmente, credo che però Mario avesse
semplicemente ragionato d'istinto, pur non disdegnando le eventuali
implicazioni politiche.
Chiaramente, questo intervento non
fu corretto dal punto di vista governativo/politico/istituzionale, ma
dal punto di vista militare ed umano, sì. E a Mario tanto bastava.
Nessun commento:
Posta un commento