mercoledì 27 ottobre 2021

Perché i romani non utilizzavano le lance?

Anche concentrandosi sul periodo da Mario alla caduta della parte occidentale dell’impero Romano, rimane un arco temporale di 600 anni, lungo i quali l’arte militare romana ha subito trasformazioni profonde.

Prima di tutto, interpreto la domanda come “Perché i romani non utilizzavano le lance come arma principale della fanteria?”
Secondo, bisogna precisare che ci sono due tipi di armi chiamate “lance” in italiano, una è da lancio (giavellotto) e una da urto (asta, lancia, picca). Sull’impiego dei giavellotti, dal pilum alla plumbata, hanno risposto altri.

Le lance da urto invece spariscono quasi completamente dopo il primo periodo repubblicano. In età monarchica le lance erano l’arma principe dei romani che combattevano in una falange oplitica. Ancora in epoca repubblicana, la terza acies della legione, i triarii, era equipaggiata di lance.



Poi spariscono quando l’armamento del legionario viene standardizzato su gladius, scutum e pilum.
Questo succede perché la legione aveva sviluppato un modus operandi abbastanza ripetitivo: avvicinamento alla linea nemica, lancio dei pila e assalto col gladio. La disposizione dei legionari era abbastanza aperta, circa 90 cm tra uno e l’altro per poter usare il gladio, e questo modo di combattere fu estremamente efficace fino al terzo secolo d.C.

Nel quarto e quinto secolo invece le legioni si trovarono ad affrontare nemici nuovi, prima i Persiani e poi le popolazioni delle steppe tra Mar Nero e Caspio, come gli Alàni e gli Unni. Avevano tutti in comune l’impiego in massa della cavalleria.
L’esercito romano reagì in modo adeguato: fu potenziata la cavalleria, creando corpi di cavalleria pesantemente corazzata e di arcieri a cavallo, e fu cambiato il ruolo tattico della fanteria.
Adesso la fanteria non poteva più risolvere la battaglia (impossibile contro un avversario montato a cavallo). Il suo compito diventava quello di ancorare il centro dello schieramento e permettere la manovra della cavalleria: in questa posizione doveva resistere sia all’assalto della fanteria che della cavalleria.
Il tipico legionario del secondo-terzo secolo era inadatto a questo ruolo: la spada (gladius e poi spatha) imponeva un minimo di distanza tra le file, e questo rendeva lo schieramento più vulnerabile alla cavalleria; oltretutto la spada non può tenere a distanza un cavaliere montato ed è sempre in svantaggio rispetto a quest’ultimo. Il pilum era troppo sottile in punta per essere una buona arma contro la cavalleria. Lo scutum venne sostituito da scudo piatti che pesavano meno - tutta la parte curva era solo peso inutile nelle nuove circostanze.

Il risultato fu che la fanteria romana e federata passarono a uno schieramento stretto, di tipo falangitico o a “muro di scudi”, adottando la lancia come armamento principale e la spada come armamento secondario. In questo modo la fanteria perse la sua possibilità di manovra. Il fatto che combattere in questo modo fosse più semplice fece si che l’addestramento dei fanti venisse ridotto e che la fanteria cominciasse a essere considerata inferiore, come prestigio, alla cavalleria. Questa trasformazione è stata considerata a lungo un segno della decadenza di Roma, ma in realtà anche nel quinto e nel sesto secolo incontrare sul campo un esercito romano ben organizzato (per esempio un esercito praesentalis) era un brutto affare per ogni nemico. Ovviamente non vincevano sempre, ma neppure ai tempi di Scipione vincevano sempre.

In conclusione, il legionario romano del periodo tardo antico usava la lancia, eccome.




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