Anche concentrandosi sul periodo da Mario alla caduta della parte occidentale dell’impero Romano, rimane un arco temporale di 600 anni, lungo i quali l’arte militare romana ha subito trasformazioni profonde.
Prima di tutto, interpreto la domanda
come “Perché i romani non utilizzavano le lance
come arma principale della
fanteria?”
Secondo, bisogna precisare che ci sono due tipi
di armi chiamate “lance” in italiano, una è da lancio
(giavellotto) e una da urto (asta, lancia, picca). Sull’impiego dei
giavellotti, dal pilum alla plumbata, hanno risposto altri.
Le lance da urto invece spariscono quasi completamente dopo il primo periodo repubblicano. In età monarchica le lance erano l’arma principe dei romani che combattevano in una falange oplitica. Ancora in epoca repubblicana, la terza acies della legione, i triarii, era equipaggiata di lance.
Poi spariscono quando l’armamento del
legionario viene standardizzato su gladius, scutum e pilum.
Questo
succede perché la legione aveva sviluppato un modus operandi
abbastanza ripetitivo: avvicinamento alla linea nemica, lancio dei
pila e assalto col gladio. La disposizione dei legionari era
abbastanza aperta, circa 90 cm tra uno e l’altro per poter usare il
gladio, e questo modo di combattere fu estremamente efficace fino al
terzo secolo d.C.
Nel quarto e quinto secolo invece le
legioni si trovarono ad affrontare nemici nuovi, prima i Persiani e
poi le popolazioni delle steppe tra Mar Nero e Caspio, come gli Alàni
e gli Unni. Avevano tutti in comune l’impiego in massa della
cavalleria.
L’esercito romano reagì in modo adeguato: fu
potenziata la cavalleria, creando corpi di cavalleria pesantemente
corazzata e di arcieri a cavallo, e fu cambiato il ruolo tattico
della fanteria.
Adesso la fanteria non poteva più risolvere la
battaglia (impossibile contro un avversario montato a cavallo). Il
suo compito diventava quello di ancorare il centro dello schieramento
e permettere la manovra della cavalleria: in questa posizione doveva
resistere sia all’assalto della fanteria che della cavalleria.
Il
tipico legionario del secondo-terzo secolo era inadatto a questo
ruolo: la spada (gladius e poi spatha) imponeva un minimo di distanza
tra le file, e questo rendeva lo schieramento più vulnerabile alla
cavalleria; oltretutto la spada non può tenere a distanza un
cavaliere montato ed è sempre in svantaggio rispetto a quest’ultimo.
Il pilum era troppo sottile in punta per essere una buona arma contro
la cavalleria. Lo scutum venne sostituito da scudo piatti che
pesavano meno - tutta la parte curva era solo peso inutile nelle
nuove circostanze.
Il risultato fu che la fanteria romana e federata passarono a uno schieramento stretto, di tipo falangitico o a “muro di scudi”, adottando la lancia come armamento principale e la spada come armamento secondario. In questo modo la fanteria perse la sua possibilità di manovra. Il fatto che combattere in questo modo fosse più semplice fece si che l’addestramento dei fanti venisse ridotto e che la fanteria cominciasse a essere considerata inferiore, come prestigio, alla cavalleria. Questa trasformazione è stata considerata a lungo un segno della decadenza di Roma, ma in realtà anche nel quinto e nel sesto secolo incontrare sul campo un esercito romano ben organizzato (per esempio un esercito praesentalis) era un brutto affare per ogni nemico. Ovviamente non vincevano sempre, ma neppure ai tempi di Scipione vincevano sempre.
In conclusione, il legionario romano del periodo tardo antico usava la lancia, eccome.
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