
Lo vedi QUESTO? Parlare di cavalli, di
cavalleria romana può essere troppo semplice … meglio allora
cambiare bersaglio, puntare
sui cani da guerra.
Il
cane da guerra
è un cane a tutti gli effetti
domestico, ma addestrato a colpire,
spesso selezionato in particolare
per affiancare il legionario in diverse operazioni belliche:
per attaccare, intimidire gli
avversari o anche come cane da ricognizione.
Spesso i Romani utilizzarono i
molossi d'Epiro,
i cd.
Canis Pugnax,
da cui derivarono i
mastini abruzzesi e napoletani,
…

British Museum, Londra
- Molosso d'Epiro
Una razza oggi estinta, diffusa nel sud
dell'Europa intorno all'VIII sec. a.C., razza che si pensa sia
progenitrice di tutti i cani
molossoidi che si diffusero, in seguito, nell'area del Mediterraneo.
Ma da cui derivarono, anche, i
"campioni" che accompagnavano in guerra

i legionari, ovvero anche, e
soprattutto, i
cani Corsi.

Cane Corso.
Un cane
da guardia, da difesa, da
polizia e da inseguimento;
è il
discendente diretto dell’antico
molosso epirota.
Anticamente presente in tutta
Italia, è rimasto soltanto in Lombardia nelle valli bergamasche, in
Puglia e nelle regioni limitrofe di questa zona dell’Italia
meridionale. Il suo nome probabilmente deriva dal latino
“cohors"
(spazio chiuso, corte, cortile), e
significa quindi
“protettore, guardia”.
Morfologicamente, è un po’ più lungo che alto. Il termine
corso
non ha, nel caso di questo cane,
niente a che vedere con la Corsica, l'isola francese, ma questa è
l’unica certezza relativa alla denominazione; non si è ancora
riusciti a spiegare perché questa razza sia stata così denominata.
Una seconda ipotesi accreditata fa risalire il termine ad un antico
aggettivo celtico-provenzale,
cursus, traducibile
con
forte, potente, robusto.
E infatti, Il cane corso è un
cane di taglia medio-grande, muscoloso;
il tronco è compatto e
particolarmente robusto. La testa è proporzionata rispetto al corpo;
il muso, largo e profondo;
i denti ben sviluppati. Addestrato
per compiti particolari (per es. la difesa personale, la caccia al
cinghiale, la guardia, ecc.) rivela comunque coraggio e potenza.
Un brutto cliente, se lanciato
contro di te in battaglia o al tuo inseguimento.

Gli occhi sono di media grandezza, di
colore scuro e distanziati. Le orecchie hanno forma triangolare, alte
e aderenti alle guance. Gli arti, sia quelli anteriori che quelli
posteriori, sono forti e robusti. L’altezza media varia dai 64
ai 68 cm nei maschi; le femmine leggermente più basse, dai 60 ai 64
cm; il peso dei maschi varia dai 45 ai 50 kg, le femmine dai 40 ai 45
kg. Il pelo è corto, aderente e lucido, molto robusto e fitto, a
garantire un’ottima impermeabilità.
La coda è alta, larga alla
radice, la punta affusolata.

Un'altra razza apprezzata dai Romani
antichi come animale da guerra
erano i cani da pastore
Illirici. Nella foto, un
bell’esemplare:

Come altri cani della sua mole, si
ritiene che anche il pastore Illirico discenda dai grandi cani
da pastore
che giunsero in Europa
dall'Asia.
Si ritiene essere anch'esso un
diretto discendente del
Molosso d'Epiro,
il cane che diede origine alla
stirpe dei molossoidi. La coda è lunga, il colore grigio ferro o
grigio scuro. La testa, le orecchie e le parti anteriori delle membra
sono coperte di pelo corto. Il resto del corpo è ricoperto di pelo
lungo e folto, pressoché piatto e un po' grosso. Gli occhi sono a
mandorla, né sporgenti né infossati, di color castano scuro o
chiaro, di espressione calma ma penetrante, mai spaurita. I denti
hanno forma di una “V” e sono di lunghezza media.
La razza ha un'altezza media di
circa 70 cm per i maschi e di 64 cm per le femmine, e un peso che si
aggira sui 70 kg per i maschi e 55 per le femmine. Ha un carattere
forte e coraggioso che gli permette da sempre di affrontare le prove
più dure.
Il suo impiego più tipico in
tempo di pace era, infatti, difendere le greggi dagli assalti di
lupi, orsi e altri predatori.

Un corpo massiccio e robusto, dunque,
associato ad una canna nasale piuttosto lunga per una migliore
ventilazione, un cranio grosso e piuttosto piatto; denti duri e
sviluppati, impiantati profondamente nell'osso per sostenere una
forte presa, con una forza muscolare notevole. Altro
brutto cliente, se lanciato
contro di te in battaglia, o al tuo inseguimento.
Facciamo uno, o due passi indietro …
la leggenda della fondazione di Roma assunse la forma che
conosciamo solo in tarda epoca, quando ormai i Romani avevano esteso
la loro egemonia su tutta la penisola; non abbandonando l’originaria
similitudine comportamentale con altri popoli viciniori, essi
scelsero il canide selvaggio, “la lupa”, come animale totemico,
mitologico.

Lupa Capitolina,
Palazzo del Campidoglio - Roma
I primi centri di allevamento ed
addestramento di cani da battaglia sorsero in particolare a
Capua,
vera e propria “fabbrica” di
mezzi, animali e uomini (“da guerra e arena”) a seguito di
attività commerciali e conquiste da territori stranieri, piuttosto
che da individuazione e recupero nei territori locali; in particolare
in
Campania Felix, dove
alcuni esemplari di questo tipo vivevano già probabilmente importati
dai Fenici e quindi allevati dagli Etruschi.
Il coraggio, la forza e il
temperamento di questi cani
“Bellator”
o
“Pugnator”
o
“Pugnaces”
(come lo storico greco
Stradone
chiama i cani che combattono) era
tale che combattevano al fianco dei soldati, ne vegliavano il sonno
e, se debitamente addestrati, potevano essere impiegati anche nelle
comunicazioni. Non a caso,
Plinio il Vecchio
riporta che i cani
“erano gli ausiliari più
fedeli e più economici”.
Nel 231 a.C., con il loro aiuto i
legionari di
M. Pomponio Matone
risolsero il problema dei
Peliti
in Sardegna ( i “mastini
Fonnesi” sono i discendenti di questi cani). Tre secoli prima
di Cristo, Alessandro Magno
utilizzava i Molossi nelle
battaglie campali per seminare il panico tra i ranghi nemici. Fu così
che anche
“Peritas”, il
suo cane favorito, simile ad un muscoloso levriero, morì
combattendo.
Per l'uomo, Alessandro il
Macedone,
che i Romani antichi apprezzarono
più di ogni altro, incarnazione della gioventù, del vigore,
dell'intelligenza e del coraggio.
Ah, dimenticavo: avete presente una
delle scene iniziali del film "Il Gladiatore", di
Ridley Scott,
in cui si vede un cane da
guerra osservare attento per un istante Massimo Decimo Meridio, prima
di affiancarlo e poi seguirlo mentre cavalca per raggiungere il suo
reparto di equites sulla collina?

Non è un caso, i collaboratori del
regista han voluto affiancare all'eroe cinematografico
l'amico più fedele dell'uomo.
Solo che il cane utilizzato è un pastore tedesco,
razza non ancora nata
all'epoca in cui il film è
ambientato.
Va beh, comunque fa la sua
brava figura e tutti lo ricordiamo, anche se non ha pronunciato una
sola battuta.