lunedì 14 febbraio 2022

Qual era l’arma segreta degli antichi romani?

Roma antica aveva un’arma segreta a cui si affidava nei momenti più difficili: i Libri sibillini.


Erano lo strumento sacro più importante dell’Urbe e li si consultava solo in circostanze eccezionali. La loro storia comincia al tempo del re Tarquinio Prisco. Una vecchia si recò del sovrano per offrirgli nove libri sacri, contenenti profezie che avrebbero garantito la potenza di Roma, ma chiese in cambio un prezzo esorbitante.

Quando il sovrano rifiutò di pagare, la donna bruciò sei rotoli offrendo quelli che restavano al prezzo iniziale. Colpito dalla sua condotta, Tarquinio pagò l’intera cifra per gli ultimi tre libri. Prima di sparire, la venditrice raccomandò che i rotoli venissero conservati e difesi con cura, poiché contenevano le istruzioni per fronteggiare le future crisi del popolo romano.

La vecchia era la Sibilla Cumana, profetessa del dio Apollo. I romani non sottovalutarono mai questa risorsa, ricorrendo alla loro consultazione in caso di bisogno; anzi venne istituito un collegio sacerdotale finalizzato al compito di salvaguardare e interpretare le parole contenute nei rotoli.

La soluzione offerte dagli oracoli era quella di compiere riti, sacrifici o costruire un tempio: in tal modo si sarebbe superato anche il più angoscioso dei problemi. Gli oracoli, che erano scritti in versi poetici suscettibili di numerose interpretazioni, potevano essere consultati solo su ordine del Senato.

Essi continuarono ad essere consultati fino al 408 d.C., quando il generale cristiano Stilicone bruciò i Libri, considerati espressione del paganesimo.




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