L'esercito romano è noto fino ad oggi
come esempio di grande disciplina e lavoro di squadra. Per prima
cosa, diamo un'occhiata all'addestramento delle reclute romane.
Ciò che distinse i legionari romani
era la capacità di muoversi in gruppo e combattere in varie
condizioni meteorologiche. Avevano una disciplina di ferro, erano ben
equipaggiati, resistenti e perfettamente addestrati. In cosa
consisteva il loro allenamento?
Prima di tutto, una recluta romana
doveva essere in grado di affrontare
lunghe marce: ogni mese i
soldati percorrevano 30 chilometri con indosso l'attrezzatura
completa. Percorrevano metà della distanza a passo libero e l'altra
metà dovevano farsela di corsa.
Poi dovevano imparare ad allestire un
campo quindi facevano esercitazioni militari due volte al giorno (ai
legionari addestrati bastava una sola volta). Imparavano a scagliare
pietre, nuotare ed andare a cavallo. Dovevano essere in grado di
saltare su e giù dal cavallo in piena marcia, e da entrambi i lati
della monta, il che era una vera impresa, dato che a quel tempo le
staffe erano ancora sconosciute. Gli esercizi più importanti,
tuttavia, erano quelli che coinvolgevano
le armi.
Una pila di sacchi veniva fissata nel
terreno, la cui altezza corrispondeva all'altezza di un uomo. Un
soldato armato con uno scudo di vimini e una spada di legno, smussata
(rudis; dello stesso peso della spada reale, e talvolta anche
più pesante) attaccava la pila di sacchi cercando di migliorare la
sua precisione. Doveva anche essere in grado di scagliare un
pilum
(giavellotto) molto pesante.
Venivano quindi organizzate finte battaglie e, per evitare che i
soldati si ferissero sul serio, venivano poste delle coperture sulla
lama della spada e della lancia.
Vale anche la pena ricordare che cosa
significava "avere disciplina" nella pratica romana. Di
seguito è riportato la testimonianzia di Titus Livius.
Titus Livius
afferma che durante la guerra con
i Latini, i Volsci e la Campania nel 340 a.C.,
Tito Manlio Torquato,
figlio del console Aulo Manlio Torquato, disobbedì agli ordini del
padre. A quel tempo, Roma stava combattendo contro alcune tribù che
usavano le loro stesse armi, avevano gli stessi costumi, linguaggio e
tattiche.
Al fine di prevenire equivoci e avere
un vantaggio sull'avversario,
Aulus Manlius Torquatus
e il suo console, Decio, capirono che
una rigida disciplina doveva diventare un elemento indispensabile
della tattica romana. Introdussero quindi un editto che proibiva ai
soldati di agire da soli, e prevedeva l'obbligo di seguire tutti gli
ordini.
Durante uno dei pattugliamenti, il
figlio del console,
Tito Manlio Torquato, si
presentò con diversi amici davanti ad una piccola squadra di nemici.
Il comandante dell'unità nemica era chiamato
Geminus Maecius, che,
ritrovandosi davanti il figlio dello stesso comandante romano, lo
sfidò a duello. Tito, ignorando l'editto del padre, accettò la
sfida e sconfisse l'avversario. Quindi, una volta tornato al campo,
informò suo padre del duello. Sentendo ciò, il console ordinò di
chiamare tutti i soldati. Disse a tutti che, anche se amava suo
figlio, non poteva lasciare che gli ordini vincolanti fossero
infranti, perciò lo condannò a morte. Tito morì, preso a bastonate
di fronte ai soldati. E da qui che proviene il motto: "la
disciplina di Manlius".
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