Le origini del cane da combattimento sembra siano sono antichissime. I cani inviati in battaglia venivano protetti con armature o collari chiodati con la finalità di attaccare il nemico. Questa strategia fu usata da varie civiltà, come egizi, greci, persiani, sarmati, alani, slavi, britannici e romani.
Uno dei primi usi militari prevedeva che i cani fossero messi in servizio di sentinella. Proprio come oggi i cani vennero utilizzati per difendere accampamenti, o altre aree prioritarie, giorno e notte. I cani abbaiavano o ringhiavano per allertare le guardie della presenza di uno sconosciuto.
Gli archeologi congetturano che gli
umani abbiano usato cani in guerra dal momento che gli animali sono
stati addomesticati per la prima volta più di 15.000 anni fa. Con il
progredire della guerra, gli scopi dei cani sono cambiati
notevolmente.
Si sa che nel 4000 a.c. gli Egizi usavano i cani in
guerra, e comunque è certo che vennero impiegati nel XVIII secolo
a.c. dagli
Hyksos
durante l'invasione dell'Egitto.
Approfittando delle lotte intestine egiziane, gli Hyksos invasero il
regno grazie alla loro superiorità militare, portatori del cavallo
da guerra, del carro da guerra e
del cane da guerra.
E’ sufficientemente documentato che
contemporaneamente, e successivamente, popoli guerrieri mesopotamici,
siriaci e indiani fecero uso di cani in battaglia.
Secondo Erodoto
di Alicarnasso (Le
Storie, tra il 440
a.C. e il 429 a.C.) la spedizione di Serse, re dei persiani, era
formata da centinaia di migliaia di soldati:
"Il
numero totale delle donne addette alle cucine, delle concubine e
degli eunuchi non si poteva contare. Il numero totale delle
bardature, dei capi di bestiame e dei cani indiani non poteva essere
determinato perché erano troppi. Non è quindi sorprendente che
alcuni fiumi fossero prosciugati, anzi, è straordinario che essi
riuscissero a trovare cibo a sufficienza (...) E non calcolo il cibo
per le donne, gli eunuchi, i capi di bestiame e i cani, cani da
caccia e da protezione che furono presi in India a quel tempo".
Solo per sfamare i cani da guerra dell'Assiria, divenuta una satrapia, ossia una provincia persiana, si ricorreva alla produzione delle terre di quattro interi villaggi, che per questo venivano esentati dalle tasse.
MOLOSSO DA GUARDIA ROMANO
Dal V al II sec. a.c., popolazioni greche e balcaniche usarono in guerra cani da pastore e da caccia tra cui le razze "molosso lacone", hellenikos poimenikos, skilos tou Pyrrou, skilos tou Alexandrou, molosso d'Epiro, metchkar, qen ghedje, sylvan e in seguito il discendente charplanina.
Nel "De Natura Animalium"
Claudio Eliano narra come nella battaglia di Maratona (490 a.c.)
alcuni Greci abbiano combattuto eroicamente a fianco dei loro cani,
come nel caso di un ateniese, ricompensato insieme al suo cane per il
valore dimostrato. Ambedue furono raffigurati nello
Stoà Pecile, i colonnati
dell'Agorà di Atene decorati con dipinti che celebravano le Guerre
Persiane.
Nel III sec. a.c. Alessandro Magno invece utilizzò i
Molossi nelle battaglie campali per seminare il panico tra i ranghi
nemici. Fu così che “Periles”, il suo molosso favorito, morì
combattendo.
Un altro compito del molosso presso
diversi popoli antichi, fu quello di giustiziare i nemici od i
colpevoli di particolari reati che venivano buttati in fosse dove i
cani, tenuti affamati, li sbranavano. L’espressione “gettare in
pasto ai cani” discenderebbe appunto dalla pratica di procurare
carne umana ai cani per far loro superare la paura dell’uomo
stimolandone l’istinto predatorio
Nel 281 a.c., Lisimaco (uno
dei successori di Alessandro Magno) fu ucciso durante la battaglia di
Corupedium e il suo corpo fu scoperto sul campo di battaglia,
vigilato dal suo fedele animale.
Nel 231 a.c., il console romano Marco
Pomponio Matho guidò la Legio Romano attraverso l'isola di Sardegna.
Usando "cani dall'Italia" per dare la caccia ai nativi che
si difendevano con azioni di guerriglia continua.
Nel
120 a.c., Bituit(o), re degli Arvernii, attaccò una piccola
forza di Romani guidata dal Console Quinto Fabio Massimo Allobrogico
usando solo i cani che aveva nel suo esercito.
A volte i cani
prestavano servizio come staffette per inviare messaggi: i messaggi
venivano inseriti nel collare, assicurati tra il cuoio e il metallo
dello stesso.
L'anno 55 a.c. vide Giulio Cesare sbarcato in Britannia scontrasi coi guerrieri celtici e i loro cani.
Lo storico Claudius Aelianus (Preneste, 165/170 circa – 235 d.c.), filosofo e scrittore romano in lingua greca, scrive:
"Gli abitanti di Magnesia sul Meandro combattendo contro gli abitanti di Efeso, ciascuno dei cavalieri recava seco un cane da caccia che lo coadiuvasse in combattimento, ed un servo che lanciasse giavellotti. Quando era il momento della mischia i cani, lanciandosi in avanti portavano scompiglio nelle schiere, oltre che terribili e feroci si dimostravano anche implacabili.".
I Romani nella loro straordinaria,
pragmatica capacità di assimilazione e integrazione di usi e
costumi, migliorarono costantemente le prestazioni di cose, uomini e
animali; così impararono ad usare i cani da guerra incrociandoli per
migliorarli e, soprattutto, li addestrarono.
Del resto la
predominanza dei Romani nei combattimenti era dovuta,
sostanzialmente, alla disciplina e al loro straordinario
addestramento: così anche con i cani usarono la stessa pratica.
Il
cane
doveva vivere con tutta la
coorte, abituandosi a distinguere gli amici dai nemici,
dall'odore di vesti e delle armature. Apprendeva ad ubbidire agli
ordini verbali, diversamente dai cani da guerra “barbari” che
assalivano indiscriminatamente:
i cani romani obbedivano agli
ordini come fossero soldati.
Il
molosso romano o canis pugnax
è il progenitore dell'odierno
mastino napoletano.
Tuttavia, il
canis pugnax
era meno pesante e grande di
quest'ultimo e assomigliava maggiormente all'attuale cane corso.
Il
canis pugnax, diffuso in
tutta Europa, ma in parte in Asia ed Africa, nei territori facenti
parti dell’Impero Romano, venne incrociato, e in parte si incrociò
da solo, con tante razze.
MASTINO NAPOLETANO DI DERIVAZIONE DEL MOLOSSO ROMANO
Il canis pugnax era potente, combattivo, coraggioso ma anche agile, veloce e in grado di percorrere giornalmente distanze notevoli, sia in pianura che in montagna, e di sopportarne i climi. La legione romana detiene a tutt'oggi il record di spostamento a piedi: mediamente circa 35 km. al giorno.
Il legionario romano (mediamente un essere umano di circa 150/160 cm d’altezza, robusto) pesantemente affardellato era in grado di sostenere le velocità di marcia che ci sono state tramandate - soprattutto da Flavio Vegezio Renato (noto per il trattato Epitoma rei militaris - e da Cesare; tali marce consistevano sostanzialmente in iter justum -circa 30 km. al giorno - e iter magnum -circa 36 km. al giorno-; tuttavia lo stesso Cesare nella campagna contro Vercingetorige guida 20.000 legionari in una marcia di andata e ritorno di 75 km. in poco più di 27 ore durante le quali riesce persino ad affrontare gli Edui e a disarmarli: in pratica mosse le truppe al doppio della massima velocità giornaliera prevista dall'iter magnum. Durante la marcia i soldati avevano pure il tempo di spianare un ampio terreno e costruire dal nulla un castrum per passarvi la notte: nel frattempo i cani, di sentinella, badavano che nessuno si avvicinasse al campo. La costruzione del campo, infatti, rappresentava uno dei momenti più critici per i legionari, momento opportuno per attaccarli, così come era pericolosa la fase di smontaggio del castrum, quando occorreva smontare le tende, gli arredi e lo steccato, affardellare tutto, caricare i carri, nutrire le bestie e le persone, essendo impossibile in marcia, se non mangiando qualche galletta o focaccia.
(anche Napoleone si dice sostenesse che: “la vittoria sta nelle gambe dei soldati”).
Altra pratica comune nell’uso bellico
dei cani da parte dei soldati romani fu quella di fissare recipienti
di liquido infiammabile (generalmente olio) sul dorso dei cani da
guerra ( in questo caso chiamati
piriferi
- "portatori di fuoco",
letteralmente - e dirigerli verso le prime linee nemiche, o a
scompaginare la cavalleria nemica facendo imbizzarrire i cavalli.
Da
segnalare che durante l’Impero Romano a Capua esistevano le
principali
scholae
ove individui provenienti da tutto
il mondo allora conosciuto si addestravano a diventare
gladiatori; e proprio a
Capua prosperarono allevamenti di cani da guerra e da
combattimento
(arena), venduti in tutto
l’impero. Capua rappresentò il centro di addestramento più
importante del mondo. Lì confluivano cani di tutte le razze, non
solo addestrati ma anche selezionati e incrociati per migliorarne le
prestazioni. Se ne curava e studiava l’alimentazione più adatta,
le tipologie di armature protettive e offensive, in funzione del loro
impiego tattico: come già detto i Romani usarono ampiamente i cani
da guerra, aizzandoli in branchi contro la fanteria e la cavalleria
nemiche. Allo scopo esemplari di grandi dimensioni, più adatti a
sostenere anche il peso di una vera e propria armatura, selezionati
in base all'aggressività e all'insensibilità alle ferite venivano,
in genere, protetti da con armature in cuoio, talvolta rinforzate con
lamelle metalliche. Dal VII sec. a.c. al V sec. d.c. i romani
impiegarono in guerra
canes pugnaces: il molosso
d'Epiro, discendenti del cane corso, il mastino napoletano, i perros
de presa iberici, i vucciriscu, il dogo sardesco e il mastino
fonnese. Altre razze come il maremmano-abruzzese furono usate in
attività di supporto.
CANE CORSO
Perro de presa canario
Si riscontrano notizie di canis pugnax nel 231 a.c., in occasione della repressione romana dei Nuragici, in Sardegna, rifugiatisi in zone montagnose.
Nel 123 a.c., nell'invasione e nelle guerre romane in Gallia contro gli Arverni di Bituit(o) che i Romani sconfissero. Il loro capo e i suoi ambasciatori si presentarono chiedendo la pace accompagnati da enormi cani da guerra che furono offerti ai vincitori. Diverse centinaia di questi cani costituivano una sorta di cavalleria di sfondamento, con il vantaggio di essere difficilmente raggiungibili da frecce e giavellotti a causa dell'agilità, della mobilità, e per le dimensioni ridotte, rispetto a quelle di un cavallo. Uno di questi casi occorse nel 101 a.c, nella battaglia dei Campi Raudii - conosciuta anche come battaglia di Vercelli - combattuta fra un esercito della Repubblica romana - comandato dal console Gaio Mario - e un corpo di spedizione formato da tribù germaniche dei Cimbri, vicino all'insediamento di Vercellae, nel territorio di quella che a quel tempo era la Gallia Cisalpina (o a Cimbriolo, nel mantovano, secondo un’altra recente ipotesi). I Cimbri furono letteralmente distrutti, con più di 140.000 morti e 60.000 prigionieri, compresi moltissimi fra donne e bambini. Una gran parte del merito di questa vittoria fu attribuito a Lucio Cornelio Silla, legato del proconsole Quinto Lutazio Catulo, che comandava la cavalleria romana e quella degli alleati italici.
Un altro caso di uso di cani da guerra si registra con l'invasione e la conquista romana della Britannia, nel I secolo.
Risale, invece, al V sec. d.c . la comparsa dei pugnaces Britanniae. I progenitori degli attuali irish wolfhound e deerhound. Animali allevati come cane da guerra dagli antichi Celti, in seguito passati nelle mani degli abitanti delle terre di Irlanda, continuarono ad essere addestrati alla guerra, imparando anche a fare il cane da guardia, per proteggere la casa e gli allevamenti. Utilizzati in battaglia misero in difficoltà le legioni romane.
Anche l’esercito della Roma imperiale
tenne in grande considerazione il cane; si sviluppò, in particolare,
la figura del
procurator cinegeti (o
zooarco): un esperto professionista di cani da combattimento,
selezionatore di cani delle varie razze, in base alle qualità
dimostrate nell’arena ed in battaglia. si sviluppò così quel
molosso
che fu impiegato per diversi
scopi, quali:
- combattente in battaglia;
- compagno delle
avanguardie nel percepire la presenza di eventuali nemici
appostati;
- guardia insieme alle sentinelle per evitare
incursioni nemiche e attacchi ai castra;
- combattente nelle arene
contro belve;
- combattente nelle arene contro gladiatori;
-
cacciatore di fuggitivi;
- “guastatore” atto creare scompiglio
tra le fila nemiche;
- portaordini;
- guardiano di edifici
pubblici,
- guardiano di case e di ville patrizie;
- ausiliario
nella caccia grossa.
IL MOLOSSO ROMANO
Il Molosso Romano, (Canis pugnax), Il Molosso da guerra fu un efficace strumento di morte; molto aggressivo, bardato con un collare irto di punte di ferro, addestrato ad attaccare il nemico e ad ucciderlo azzannandolo alla gola. Per ottenere una simile “macchina bellica”, i Romani utilizzarono il materiale genetico del luogo. Risultò essere un cane funzionalmente completo e nelle terre conquistate dalle legioni Romane dette origine a cani che poi vennero utilizzati per funzioni similari: ad esempio, in Spagna originò il Perro da presa spagnolo e in Francia il Dogue de Bordeaux.
Plinio il Vecchio stesso riporta che i cani “…erano gli ausiliari più fedeli e più economici”.
D’altra parte sarà bene ricordare
che sebbene la leggenda della fondazione di Roma assunse la forma che
conosciamo solo in epoca tarda, quando ormai i Romani avevano esteso
la loro egemonia su tutta la penisola, essi, tuttavia, vollero
celebrare la loro origine scegliendo la lupa quale animale
totemico
e ne fecero campeggiare l’immagine
sulle insegne dei legionari, simbolo della sua combattività e di
Roma tutta.
Molti
imperatori Romani sono rimasti famosi per la crudeltà con cui
facevano svolgere i giochi circensi. Negli anfiteatri romani, durante
i “ludi gladiatori”, si affrontavano in combattimenti all’ultimo
sangue belve, molossi e gladiatori. Migliaia di orsi furono catturati
ed impiegati nelle arene. L’imperatore Caligola, nel I sec. d.c.
organizzò un feroce combattimento tra ben 400 orsi e un manipolo di
gladiatori affiancati dai loro cani da combattimento.
Strabone
scrive che per fronteggiare un
leone occorrevano quattro molossi. Le doti di combattente del molosso
emergevano anche negli spettacoli di tauromachia in cui i tori
combattevano fra di loro, contro altri animali, o anche contro gli
uomini. D’altronde le cacce (venationes) taurine era diffuse in
tutta l’area mediterranea.
A seguito dei movimenti connessi con
le conquiste delle legioni romane, il molosso
contribuì alla formazione di
altri cani che ora fanno parte d’altre razze europee, quali il
Komondor, l’Old English Mastiff, il San Bernardo, il cane dei
Pirenei, il Bovaro Svizzero ecc.
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