Roma, X secolo d.C : se si vuol dare
credito al suo più acceso detrattore, il vescovo
Liutprando da Cremona:
"Mariozza, bella come una dea e
focosa come una cagna, viveva nel cubicolo del Papa e non usciva mai
dal Laterano"
Il vescovo, a ben vedere, non è
conosciuto come campione di imparzialità o di attendibilità, anzi:
racconta in modo divertente e piuttosto salace di avvenimenti storici
ai quali assiste, ma ci mette del suo, soprattutto quando denigra
personaggi dai quali ha ricevuto dei torti, o che semplicemente la
pensano diversamente da lui.
Grazie al suo giudizio estremamente
negativo, che ha prevalso su altri più favorevoli,
Marozia dei Teofilatti
è stata ritratta nel peggior modo
possibile: donna lussuriosa, amante nonché madre di papi, assassina,
figlia di una donna altrettanto riprovevole, insieme alla quale aveva
dato vita a quel periodo storico noto come
“pornocrazia romana”,
ovvero quando il papato era sottomesso al volere di due donne senza
scrupoli, Marozia e sua madre Teodora, dal 904 al 964.
Ma chi era veramente Marozia?
Disegno a matita di
Franco Mistrali – 1861
Maria, affettuosamente detta Mariozza o
Marozia, era una figlia della nobiltà romana: la madre Teodora, che
apparteneva all’antica aristocrazia dell’Urbe, e il padre
Teofilatto, senatore dei Romani, non si fecero scrupoli a infilarla,
appena quindicenne, nel letto del cugino, il
papa Sergio III. Non era
certo una cosa inconsueta, per l’epoca, che il papa avesse una
concubina, specialmente quando la relazione andava a rinsaldare
rapporti di parentela o interessi politici.
Papa Sergio III
Pare comunque che Marozia abbia
concepito un figlio con il cugino/papa, Giovanni, neonato che fu poi
legittimato e adottato da
Alberico di Spoleto, con il
quale la donna si unì inizialmente
more uxorio, e che poi
sposò. Anche in questo caso, l’unione fu certamente voluta dalla
famiglia, che andava a consolidare il suo potere nel centro Italia.
Marozia, quindi appare, più una pedina nelle mani del padre e della
madre che una donna in cerca di potere personale. Com’era
consuetudine dell’epoca, il ruolo della ragazza era semplicemente
quello di favorire alleanze politiche, e di mettere al mondo dei
figli che garantissero la discendenza a entrambe le famiglie.
Tutto cambiò quando, in breve tempo,
morirono Teofilatto e la moglie Teodora, e poi anche Alberico di
Spoleto. Marozia dimostrò di avere ben appreso la lezione dei
genitori: decise di sposare Guido, marchese di Toscana, per
contrastare la politica del pontefice Giovanni X, che voleva
scrollarsi di dosso l’ingerenza degli ingombranti Teofilatti, dei
quali Marozia era ormai la più potente rappresentante. Guido era il
fratellastro di Ugo di Provenza, eletto nel 926 Re d’Italia: ecco
che la donna tornò ad avere un peso politico rilevante, soprattutto
dopo aver fatto imprigionare e poi (probabilmente) uccidere Giovanni
X.
Sotto, Giovanni X viene soffocato di
fronte a Marozia in Prigione:
Marozia, divenuta senatrice dei Romani,
e Guido, divennero i nuovi signori di Roma, e lei riuscì a far
salire al soglio papale solo persone di sua fiducia, totalmente
manovrabili: prima Leone VI e poi Stefano VII, fino a che, nel 931,
fece eleggere papa suo figlio Giovanni, poco più che ventenne. Il
ragazzo, totalmente succube della madre, prese il nome di
Giovanni XI, ma il vero
pontefice era lei, Marozia, tanto influente da ispirare la
leggendaria figura della papessa Giovanna.
Papa Giovanni XI
Intanto, nel 929, era morto anche il
secondo marito, e quindi Marozia aveva bisogno di intessere nuove
alleanze: si offrì in sposa al cognato,
Ugo di Provenza, che
allettato dall’idea di essere nominato imperatore dal
papa/fantoccio, arrivò addirittura a dichiararsi figlio illegittimo.
La dichiarazione fu necessaria perché egli non avrebbe potuto
sposare la vedova del fratellastro a causa del giudizio della chiesa
che classificava il rapporto come incestuoso.
Il matrimonio di Marozia e Ugo di
Provenza
Il matrimonio però andava a
interferire con gli interessi del secondo figlio di Marozia, Alberico
II (uno dei 4 o 5 avuti dal primo marito), l’unico che abbia osato
opporsi alla madre. Forse temeva di essere ucciso dal nuovo patrigno,
o forse non tollerava l’idea che il Re d’Italia vivesse
all’interno delle mura di Roma (una seria minaccia all’autonomia
della città), o più probabilmente vedeva sfumare le sue aspirazioni
a diventare signore di Roma: comunque sia Alberico, con il favore sia
dei nobili sia del popolino, insorse contro la madre e il patrigno,
che si rifugiarono a Castel Sant’Angelo. Era la fine di dicembre
del 932.
Ugo di Provenza venne cacciato da Roma
prima che il papa avesse avuto il tempo di incoronarlo imperatore,
Giovanni XI fu confinato in Laterano, esautorato da ogni potere
politico e forse anche reli
non si ebbero più notizie: sparì
dalla vita civile, divenne invisibile come un fantasma.
Probabilmente finì i suoi giorni in
un convento, dove morì in un anno imprecisato prima del 936
Ma chi era veramente Marozia?
Probabilmente solo una potente donna del suo tempo – non diversa da
altre importanti figure femminili dell’epoca – la quale,
prendendo a prestito
“doveva avere molto ingegno
molta abilità e pochi scrupoli” (Gina Fasoli – I re d’Italia).
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