Il
Toro di Falaride
fu uno strumento di tortura ed
esecuzione inventato da Perillo
di Atene e reso famoso dal suo
primo (ed unico) cliente, il Tiranno di
Agrigento Falaride.
La tortura è uno strumento
potente di persuasione, che venne utilizzata sistematicamente sino
almeno al XIX secolo per ottenere informazioni o confessioni,
prevista addirittura dal diritto romano. Le esecuzioni, in particolar
modo, erano il metodo più esaustivo per terrificare i proletari e
convincerli che un padrone fosse necessario e imprescindibile.
Falaride, vissuto nel VI Secolo avanti
Cristo, era un tiranno sadico e crudele, accusato (nelle leggende) di
cannibalismo su infanti e di altri terribili crimini. Il fabbro e
artista Perillos, originario di Atene, si presentò un giorno
alla corte proponendo uno strumento di tortura ed esecuzione
totalmente nuovo: un
Toro in Bronzo con la pancia
cava, tanto grande da poter ospitare un uomo, che venisse
arroventato mediante un fuoco che conduceva il condannato ad una
morte lenta di immane dolorosità.
Falaride rimase compiaciuto e stupito,
fece i complimenti all’artigiano per l’inventiva e ordinò che
fosse Perillos stesso
a dimostrare l’efficacia del
Toro. Il fabbro fu quindi messo dentro la propria invenzione e provò
il terrore della tortura all’interno del Toro. Iniziò a gridare
dal dolore e la sua voce risuonava come il feroce muggito di un Toro
arrabbiato, grazie ad un sistema di tubi sulla fronte della scultura
metallica. Poco prima che morisse “cucinato vivo”, Falaride fece
estrarre Perillos dal Toro, giustiziandolo gettandolo da una rupe.
Sotto, lo strumento di tortura in
un’incisione di Hans Burgkmair
Scrive
Luciano di Samosata
nel suo “Falaride I”, facendo
parlare in prima persona il Tiranno:
“Un mio connazionale, un Perilaus,
artista ammirevole ma di indole malvagia, aveva pensato di ottenere i
miei favori con l’invenzione di una nuova forma di tortura. Pensava
che le torture fossero la mia vera passione. Aprì la parte
posteriore dell’animale e descrisse: “Quando hai intenzione di
punire qualcuno lo chiudi dentro, applichi questi tubi alle narici
del toro e ordini che vi sia acceso un fuoco sotto. L’occupante
urlerà e la sua agonia sarà trasformata dai tubi nel più patetico
e melodioso dei muggiti. La vostra vittima sarà punita e voi vi
godrete la musica“.
Luciano di Samosata continua nella sua
descrizione e spiega come Falaride fece entrare Perillos all’interno
del Toro con la scusa di provare la veridicità dell’affermazione
sui tubi, vi fece poi appiccare un fuoco sotto e fece in seguito
giustiziare il diabolico artista, facendo collocare il toro al
tempio,
oggetto di culto che fece una
sola e una unica vittima: Il suo stesso creatore
Sotto, una Maiolica di Casteldurante,
bottega di Andrea da Negroponte, che raffigura il Supplizio di
Perillo:
Le leggende, che in questo caso si
confondono immancabilmente alla storia, vogliono
Falaride stesso ucciso
all’interno del Toro
dal tiranno che lo seguì, di nome
Telemaco. Forse, come nel
caso della Vergine di Norimberga, anche il Toro di Falaride fa parte
delle macchine di morte legate alla leggenda, e la veridicità degli
antichi scritti è tutta da verificare.
Nessun commento:
Posta un commento