Non abbiamo modo di sapere con
precisione quanti gladiatori furono uccisi nelle arene, ma
probabilmente il numero è molto inferiore a quello che le persone
immaginano. Per gran parte della storia romana e in quasi ogni
circostanza, era illegale per un gladiatore uccidere il suo
avversario ed i romani erano disposti a fare di tutto perché ciò
non accadesse.
Contrariamente a quanto si pensa, i
gladiatori dovevano rispettare delle regole di combattimento e per
far sì che lo facessero esistevano quelli che oggi chiameremmo
arbitri. Ad esempio, ai gladiatori non era permesso colpire
l'avversario quando questo si trovava a terra; se l'avessero fatto ne
avrebbero poi pagato le conseguenze. Di solito i combattimenti
terminavano perché uno dei due si arrendeva oppure era ferito, o
semplicemente perché i due erano troppo stanchi per continuare a
combattere.
Sopra: mosaico romano
della villa romana di Nennig datato III sec. d.C. che raffigura il
combattimento tra un reziario ed un secutor.
La ragione per tutto ciò era semplice:
i gladiatori erano molto costosi da comprare, addestrare e mantenere.
Solo gli schiavi dal fisico più prestante erano considerati idonei a
diventare gladiatori e dovevano allenarsi tutti i giorni, ricevendo
attenzioni costanti. I loro proprietari dovevano ovviamente ottenere
un profitto dal loro investimento. Poniamo il caso che una persona
possedesse diversi gladiatori: se la metà di loro fossero stati
uccisi dopo il primo combattimento, per il proprietario sarebbe stata
un'enorme perdita finanziaria. Per questo motivo ci si prendeva cura
dei gladiatori, si nutrivano bene e si davano loro adeguate cure
mediche. Potevano guadagnare abbastanza soldi da comprarsi
addirittura la libertà ed alcuni di loro che lo fecero, decisero di
continuare comunque a combattere solo per la fama e per la gloria.
Sotto diversi aspetti i gladiatori
erano come gli atleti famosi dei giorni nostri, più che delle
macchine della morte come spesso vengono rappresentati nei film
hollywoodiani. I loro ritratti potevano essere trovati nei luoghi
pubblici ed i bambini romani avevano dei bambolotti che li
rappresentavano. I gladiatori sponsorizzavano addirittura dei
prodotti! I loro sudore si vendeva come afrodisiaco. Dei veri sex
symbols. La vita da gladiatore era così affascinante che
l'imperatore Commodo decise di combattere come uno di loro nell'arena
(i suoi avversari comunque lo lasciavano sempre vincere).
Sopra: dettaglio di un
mosaico romano della città di Zliten in Libia del II sec. d.C.
Ovviamente poteva succedere che alcuni
gladiatori morissero durante i combattimenti, ma ciò non era
assolutamente comune come siamo soliti immaginare. Gli storici
stimano che probabilmente solo il 10% dei combattimenti terminavano
con la morte di uno dei gladiatori. Quando questo accadeva, era
spesso o frutto di un incidente, oppure uno dei due non aveva
rispettato le regole che vietavano le uccisioni. Anche se gli
imperatori, vista la loro importanza, potevano certamente ordinare
che i due combattessero a morte, questo accadeva molto di rado e non
era certamente un gesto ben visto.
Quando ci si trovava davanti ad una
morte, quello che in realtà moriva il più delle volte non era un
vero gladiatore. I romani spesso condannavano i criminali a morire
nell'arena per puro intrattenimento popolare. Erano persone che
sarebbero state uccise comunque e la cui vita non era considerata
importante. Spesso i criminali erano obbligati a combattere tra loro.
Altre volte venivano condannati ad essere divorati dai leoni o altri
animali feroci.
La famosa frase
"Ave Imperator, morituri
te salutant"
(Ave imperatore, quelli che stanno
per morire ti salutano), non veniva pronunciata dai gladiatori
ma, secondo Svetonio, dai criminali ed i prigionieri di guerra
condannati a morire nell'arena. Tuttavia Svetonio menziona la frase
solamente una volta, siamo quindi inclini a pensare che non fosse un
saluto consuetudinario.
Sopra: Pollice Verso,
dipinto nel 1872 da Jean-Léon Gérôme. La raffigurazione dei
combattimenti tra gladiatori come eventi sanguinosi e mortali non è
storicamente accurata.
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